“Dialoghi sulla merda d’artista”, al Teatro di Documenti il genio e la critica di Piero Manzoni

Piero Manzoni viene riconosciuto come uno degli artisti più importanti del Novecento. Fu concettuale ancor prima della codifica di questa categoria di espressione. Lasciò il mondo giovanissimo, a soli 29 anni. Un infarto non gli diede scampo, era la notte tra il 5 e il 6 febbraio 1963. Due anni prima, nel maggio 1961, aveva realizzato la sua opera più famosa e discussa: “Merda d’artista”. Novanta barattoli in latta – del peso di 30 grammi ciascuno, venduti al prezzo dell’oro – con un’etichetta a dichiarare in quattro lingue il biologico contenuto. Barattoli che tutt’oggi sono battuti all’asta.

Fondazione Piero Manzoni, che del genio milanese cura gli archivi e il patrimonio, nel 2021 ha imbastito un calendario di eventi per celebrare i 60 anni della “scatoletta”. Inserendo in questo basket anche uno spettacolo teatrale dal titolo Dialoghi sulla Merda d’artista, scritto e diretto da Filippo Soldi. Con la partecipazione straordinaria di Flaminio Gualdoni, critico d’arte che più di chiunque altro ha scavato nelle profondità il genio e la poetica del fu Manzoni.

Organizzato in tre dialoghi il testo è stato messo in scena per due date, il 5 e 6 febbraio, al Teatro di Documenti. Quale miglior cornice, un teatro immersivo costruito all’interno di grotte secentesche nel 1981 su progetto di Luciano Damiani, fuoriclasse della scenografia.

In questo spazio denso di storia e di significati, il pubblico è stato introdotto per gradi a Piero Manzoni, enfant terrible delle avanguardie. Un percorso d’iniziazione per sale, tra immagini di opere, documenti, commenti e dichiarazioni d’intenti. Una scatoletta vera, una Base magica – un piedistallo che eleva al ruolo di opera d’arte ogni persona disposta a salirci sopra – i Corpi d’aria, i famosi palloni riempiti di fiato d’artista. E poi luci di candele, in un ambiente sonoro composto per l’occasione da Giacomo Ancillotto.

Da qui l’arrivo in sala, un’esperienza unica al Teatro di Documenti. Il pubblico, accomodatosi a pochi passi dal palco, ha assistito a tre dialoghi immaginari volti ad affrontare temi e suggestioni legati alla Merda d’artista e a quanto la critica ha dichiarato intorno ad essa. Tre dialoghi per esemplificare altrettanti momenti topici che descrivono il clima di un’epoca.  A cominciare dall’episodio postumo e scatenante: è il 1971 quando una retrospettiva su Manzoni alla Galleria Nazionale di Roma desta scandalo, portando fino ai banchi del Parlamento quella che sarebbe diventata una delle opere più celebri (e scandalose) della storia dell’arte.

I due attori – Pierluigi Cicchetti e Riccardo Livermore – hanno vestito i panni dapprima di un deputato e del suo assistente nella Roma degli anni Settanta; poi San Francesco ed Elia da Cortona sulla Verna intorno al 1224; infine, il rettore di un’università e il direttore del suo dipartimento di Economia ai giorni nostri. Nel mezzo, tra un atto e il successivo, le note sincopate di Ancillotto e le pillole di Gualdoni ad aiutare il pubblico a cogliere la singolarità di questo artista. Elevato ed enfatizzato da effetti scenici a sorpresa, apparizioni manzoniane fortemente espressive.

Uno spettacolo singolare, che ha tributato la giusta attenzione a Piero Manzoni. Di cui siamo certi sentiremo ancora e tanto parlare.