Contro gli automatismi della sopraffazione

Da un fatto di cronaca reale, un testo sulla dignità del lavoro 

Le loro voci si sovrappongono, prevalgono l’una sull’altra fino a tramutarsi in un unico corpo organico di suono.

È il rumorio dell’angoscia, di un tempo che si dilata e si restringe sospinto dal nodo dell’attesa; la prerogativa che sottende la scena di 7 minuti di Stefano Massini al Teatro Vittoria di Roma dal 12 al 24 marzo per la regia di Claudio Boccaccini.

7 Minuti

Una fabbrica, dieci donne, una è nell’altra stanza, attendono un responso, scavate dal loro stesso tormento. 

Lo spettro delle possibilità sembra allargarsi a macchia d’olio, alimentato dalla paura, dalla convinzione che non lontano da loro sta per essere presa una decisione in grado di ribaltare il loro stesso destino.

Molto rumore per nulla?

Ogni pensiero si interrompe all’arrivo di Bianca (Viviana Toniolo), Bianca la portavoce, Bianca la più anziana, Bianca che è l’unica a conoscere le fosche intenzioni delle cravatte.

«Non sto bene per niente, è come se una palla da biliardo mi rotolasse qui dentro al cranio…»

Scuro, quasi inespressivo, il volto della rappresentante non sa suggerire nulla, c’è bisogno che parli, che faccia cessare i tarli che ormai da quattro lunghe ore attanagliano le menti di tutte le altre.

Ma la condizione è solo una, cosi irrisoria da apparire irreale; così da oscurare tutte le sue insidie, “solo sette minuti”.

Giro intorno al valore del tempo

Per sua natura la condizione della scelta conduce a un affondo, ad un’opera di rivalutazione (personale o indotta) di ciò che fino a quell’istante appariva la mera conseguenza dei tanti automatismi del vivere. 

Trascurabile!  – così appare al gruppo di operaie, strette attorno ad un “pensiero unico” la rinuncia a sette minuti del loro tempo, della loro vita. Ma la verità è diversa, l’innocenza della proposta ricalca il meccanismo di leva sulla condizione di precarietà e frustrazione che investe a pieno titolo l’Intero gruppo di impiegate, così calate nella disperazione da essere disposte ad essere circuite, in nome di fini lontani, invisibili.

Ad introdurre una visione più diacronica capace di svelare un’amarezza nuova, finora così implicita da non poter apparire visibile, è Bianca.

« Non per i sette minuti, per quello che rappresentano!» grida.

Perché il tempo ha un suo valore simbolico, che spesso coincide con la dignità individuale; perché la scoperta e ancora, l’acquisizione della propria necessità in un sistema apparentemente immutabile, si configura come epifania necessaria alla sua metamorfosi.

Una simbologia della rinuncia

Laddove la dignità, progressivamente sotterrata in nome della sopravvivenza, era finora percepita dal corpo operaio come condizione inaccessibile, perdendo la sua forma autentica sotto la pressa dell’automatismo di fabbrica, la dinamica della scena si pone come meccanismo per la sua emersione.

La presa di coscienza, condizione necessaria alla lettura dei sotto testi del reale, si predispone a scalfire ciascuno degli immaginari, ognuna delle menti delle dieci operaie costrette a ripercorrersi vagliando gradualmente i molti rischi di un’apparente banalità.

Contro l’imperare dell’automatismo suggerito dalla paura, e ancora, accentuato dall’auto-svalutazione, il processo che si innesta si traduce come crescita dell’individuo secondo un processo per cui il pensiero, stimolato, arriva ad osteggiare i meccanismi base della frustrazione.

La scena, sebbene accompagnata da un apparato scenografico non del tutto capace di restituire il contesto angusto della realtà di fabbrica, descrive l’inalienabile movimento di riappropriazione.

7 minuti

Ad emergere è la costituzione del mondo dei sopraffatti come organismo unitario che sulla sua unità fonda la premessa per apporre una falla al sistema, per rovesciare la struttura del privilegio.

Sette minuti – di Stefano Massini – regia di Claudio Boccaccini – con Viviana Toniolo, Silvia Brogi, Liliana Randi, Chiara Bonome, Chiara David, Francesca Di Meglio, Mariné Galstyan, Ashai Lombardo Arop, Maria Lomurno, Daniela Moccia, Sina Sebastiani – musiche originali Massimiliano Pace – scene Eleonora Scarponi – registi assistenti Fabio Orlandi, Andrea Goracci – tecnico luci e fonica Francesco Bàrbera – Teatro Vittoria dal 12 al 24 marzo 2024

Foto di scena di @Manuela Giusto