Addio a Donald Sutherland, il camaleonte di Hollywood

Dopo una ricca carriera cinematografica durata quasi 60 anni con il suo carisma ha interpretato sul grande schermo tanti cattivi quanto antieroi

Ha interpretato nella sua lunga carriera ai vertici della popolarità oltre 190 film, un Oscar alla carriera, inserito dall’Accademy fra gli attori più importanti del ‘900, Donald Sutherland è morto ieri a Miami in Florida all’età di 88 anni. A darne l’annuncio è stato il figlio Kiefer, ottimo attore anche lui.

Variety lo aveva inserito fra gli attori del ‘900 più popolari del cinema americano, alto 190 cm, faccia ironica capace di mutare in mille espressioni, dinoccolato, ironico drammatico divertente, canadese di nascita dopo l’accademia d’arte drammatica a Londra arrivò al successo con due film: nel 1967  con Quella  sporca dozzina di  Robert Aldrich nei panni di un improbabile generale dei Marines al fianco di Telly SavalasCharles Bronson e Lee Marvin e nel 1969 con M.A.S.H di Robert Altman al fianco di Elliot Gould, in una spassosa satira della guerra di Corea vista dalle retrovie nei panni di  Benjamin Franklin  “Occhio di Falco”, uno stravagante capitano medico.

Donald Sutherland ha lasciato il segno nel cinema di fine Novecento come pochi attori, lavorando con il francese Claude Chabrol in Rosso nel buio del 1979,  così come con l’americano John Landis in Ridere per ridere, distinguendosi nei blockbuster hollywoodiani con Virus letale  di Wolfgang Petersen accanto a Dustin Hoffman e Morgan Freeman , così come in film d’autore in Un’arida stagione bianca, di Euzhan Palcy, nel 1989 e La tela dell’inganno al fianco di Mick Jagger nel 2019 diretto da Giuseppe Capotondi.

Bernardo Bertolucci lo volle nel ruolo dell’odioso e cinico gerarca Attila Melanchini al soldo di Robert De Niro in Novecento, poi nei panni di Mr. X in JFK di Oliver Stone e quel Casanova che Federico Fellini volle fissare nel momento del declino che ricordava come una delle sue migliori esperienze professionali. Senza dimenticare Sovegliato speciale del 1989 con Sylvester Stallone nel ruolo di un machiavellico direttore di un carcere, mentre tra le giovani generazioni si era affermato con il personaggio di Coriolanus Snow, crudele dittatore di Panem e aguzzino di Jennifer Lawrence nella saga Hunger Games,  coraggioso astronauta in pensione in Space Cowboy con Clint Eastwood presentato in anteprima mondiale alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2000 dove riuscii a intervistarlo sulla terrazza del Gritti. Mi confessò la sua profonda stima e amicizia nei confronti di Clint da quando a Londra vide L’uomo dagli occhi di ghiaccio. «Il giorno dopo gli scrissi una lettera per complimentarmiClint è un ottimo regista oltre che straordinario attore», mi disse. «Quando ero a Roma per girare Casanova mi consigliava dove andare a cena a Trastevere. Amo l’Italia perché qui è iniziato tutto con “Il castello dei morti vivi” un bmovie horror del 1964. «A Venezia nel 1973 ho girato anche “A Venezia…Un dicembre rosso shocking” accanto a Julie Christie diretto da Nicolas Roeg.  Ero innamorato con mia moglie della chiesa di Santa Maria Gloriosa, quando entri sei circondato dai dipinti del Tintoretto. Che meraviglia! Avremmo voluto in quel periodo comprare una casa a Venezia ma i prezzi erano davvero impossibili. Comunque lavorare in Italia è stato sempre per me l’ideale, vuol dire tante cose. vuol dire passione, ironia, cibo e felicità».

Tre matrimoni e due figli anch’essi attori affermati, fra i film da ricordare anche Il giorno della locustaEdipo re e Lolita mentre le sue ultime apparizioni risalgono a Mr. Harrigan’s phone e Heart Land del 2022.

Cinema & TV
Elena Salvati

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