Dem Rek: si parte!: nel potere catartico del teatro la possibilità di rinascere

 di Miriam Bocchino

 

Dal 17 al 28 novembre si è svolta, tramite piattaforma online, la XII edizione del Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli.

La rassegna è dedicata al cooperante napoletano Mario Paciolla, deceduto in Colombia in circostanze rimaste misteriose mentre operava al servizio delle Nazioni Unite.

Il concorso cinematografico è articolato in quattro sezioni: Doc, Short, Youth e Ciak Migration. Tra le opere in concorso nella sezione Ciak Migration vi è il documentario Dem Rek: si parte! del regista Davide Demichelis che consente di conoscere la storia di migrazione di Alì Sohna.

Un viaggio, una catarsi e un ricordo: questo racconta l’opera.  Alì ritorna a casa, in Gambia, sette anni dopo aver attraversato il deserto e navigato nel Mediterraneo. Nel tragitto il giovane ha perso il fratello, morto durante un naufragio e la madre, mai più rivista, che ha scelto, a causa delle poche possibilità economiche, di fermarsi in Niger per consentire ai due figli di cercare un futuro.

Alì torna nella sua terra con un obiettivo: diffondere conoscenza e far comprendere quanto partire, spesso, non sia la scelta migliore da prendere. Come un moderno cantastorie il giovane si affida al teatro, il solo mezzo che, in Italia, nello specifico a Matera, gli ha ridato la voce dopo il silenzio del dolore. Il potere catartico del palcoscenico è stato per Alì salvezza e possibilità di risanare la sua sofferenza per darsi e dare una speranza.

Nel suo viaggio in Gambia Alì vuole riuscire a raccontare la sua storia attraverso il corpo, i gesti e la parola.La sua terra, tuttavia, lo fa sentire anche uno straniero perché senza una dimora in cui tornare: la famiglia non può più accoglierlo nelle sue calde braccia.

Alì è un orfano in un mondo di orfani ma è in grado di comprendere che la risalita, per quanto complessa, può divenire cambiamento e rinascita. Il protagonista vuole insegnare, attraverso la sua storia, quanto quella traversata nel Mediterraneo sia spesso una scelta conclusiva per la propria esistenza.

“Io adesso ho imparato e devo insegnare”.

Attraverso una fotografia nitida in grado di raccontare la dignità che esiste nel mondo, nonostante le difficili condizioni di vita, lo spettatore apprende una storia personale eppure universale.

Il teatro diviene per Ali un mezzo per narrare. Il suo spettacolo, in cui coinvolge gli studenti delle scuole, è la testimonianza della migrazione, del dolore e della perdita: le frustate degli scafisti provocano sofferenza nelle viscere, i pianti straziano l’animo e gli spasimi diventano lividi.

L’Africa deve risorgere, deve imparare a sfruttare le sue risorse per impedire che le testimonianze di chi ha perso un genitore, un figlio, un amico, aumentino fino a diventare ancora più assordanti.

Nel coraggio del dolore che diviene sorriso si scopre la vita di Alì: attraversando i paesi del Gambia, osservando il mare, recandosi nell’isola di Kunta Kinte e giungendo in Senegal, alla tomba della madre. A quella tomba dobbiamo fermarci, non proseguire oltre e reclamare da noi stessi una risposta: dove è la nostra umanità?

“Il teatro è una medicina. Il teatro salva le persone.”

Regia: Davide Demichelis

Cast: ALÌ SOHNA – Sceneggiatura: DAVIDE DEMICHELIS – Fotografia: DAVIDE DEMICHELIS, ALESSANDRO ROCCA, MARCO COLONNA e DIEGO ZICCHETTI – Montaggio: ALESSANDRO PARODI – Produzione: AGAPE COOPERATIVA SOCIALE ONLUS