di Alessandra Antonazzo
Inaugurata il 13 settembre la nuova stagione del Teatro Marconi che ha accolto il suo pubblico con lo spettacolo “Dalla parte della cicala” di Veronica Liberale, per la regia di Fabrizio Catarci. Interamente dedicata alla vita di Gianni Rodari, autore del quale quest’anno si celebra il centenario della nascita, la pièce prende lo spettatore per mano, proprio come fosse un bambino, per condurlo in punta di piedi in un percorso a ritroso attraverso la vita dello scrittore piemontese.
Protagonista impeccabile dell’intero spettacolo è Marco Zordan che, nel ruolo del pioniere della fantasia, si destreggia abilmente tra contorsionismi dialettali e commistioni linguistiche, interpretando alla perfezione i famosi giochi di parole (o meglio, con le parole) che caratterizzano lo stile di scrittura di Rodari. Un trasformismo vocale e interpretativo, quello dell’attore protagonista, capace di portare in scena un Gianni bambino, poi ragazzo, quindi adulto, tenendo ben saldo il filo della narrazione.
Ad affiancare Zordan in questo racconto snello ma ricco di sfumature di significato (d’altronde proprio come le favole di Rodari), interviene Veronica Liberale, autrice e protagonista femminile dello spettacolo. Prima nel ruolo di una bislacca dottoressa che sembra saltar fuori da un racconto dell’autore, poi nei panni di madre e in fine moglie, l’attrice riesce a interpretare tutti i personaggi femminili con maestria, impreziosendo di respiro ed equilibrio lo strepitoso monologo del protagonista.
Pochi, efficaci oggetti di scena trascinano il pubblico in una sala d’aspetto d’ospedale dove un Rodari stanco e affaticato torna bambino in un battibaleno e ci racconta, aneddoto dopo aneddoto, la sua vita. L’infanzia a Omegna e i ricordi di bimbo, un bimbo capace di a dar voce a montagne e fiumi. I profumi golosi del forno paterno dove il “fiòl del prestiné” comincerà a trasformare in parole le sue fantasie. E poi ancora l’amore per i libri (infallibili rimedi contro ogni malanno), l’ingresso in seminario, il fascismo, la guerra e la militanza nel Partito Comunista.
Lo spettacolo consente poi al suo pubblico di esplorare l’universo affascinante di Rodari giornalista, scrittore e pedagogista che, una volta vinto il concorso per diventare maestro elementare, affida alle storie la sua didattica, trasformando le lezioni in piccole gare di narrazione, indovinelli e giochi di parole.
E mentre un cane e un armadio, incontrandosi, diventano fiaba, Zordan-Rodari interroga gli spettatori proprio come si fa in classe, trasformando un tavolo in lavagna e insegnandoci che le storie, è proprio vero, aiutano a educare la mente.
Un epilogo prezioso, in fine, quello che lo spettacolo ci regala. Le lettere dedicate allo scrittore nel giorno della sua morte, reinterpretate perlopiù da voci di maestri e insegnanti, sgattaiolano giù dal palco entrando nel cuore di chi siede in sala e assiste, stupito, alle miriadi di storie partorite dall’estro creativo di Rodari.
“Dalla parte della cicala”, grazie a un testo senza sbavature, alle scelte di regia e all’insostituibile interpretazione di Zordan, ci regala una fotografia inedita di un Rodari sconosciuto ai più; un uomo capace di vedere oltre la realtà delle cose trasformando un fiore di carta nel più dolce profumo e un finale sospeso, pieno di domande, nella più granitica delle certezze.