IL VECCHIO E IL MARE di Hemingway al TBM UNLOCKED: la recensione

 di Federica Ranocchia

 

 

Il Teatro Tor Bella Monaca è ripartito il 15 giugno con il reading teatrale de “Il Vecchio e il Mare” di Ernest Hemingway diretto e interpretato da Sebastiano Somma, in una riduzione adattata da Lucilio Santoni. Lo spettacolo è stato presentato grazie alla produzione dell’ Associazione Teatro da Camera della Campania ed è il primo della rassegna che andrà in scena fino al 3 luglio “Teatro Unlocked” al Tor Bella Monaca.

Per permettere l’evento,  il teatro ha dovuto conformare il modus operandi nel rispetto dell’emergenza sanitaria. Nessun biglietto da ritirare: ingresso libero, ma su prenotazione. L’affluenza è stata permessa fino ad un massimo di 60 spettatori, nel caso di gruppi di congiunti la capienza limite è fissata ad 80 persone. Inoltre, il programma è disponibile solo in formato digitale sul sito web del teatro.

All’entrata gli spettatori vengono invitati a seguire le nuove procedure: disinfezione delle mani, compilazione dell’autocertificazione, rispetto del distanziamento. Una situazione certamente surreale, gestita con determinazione e rigore speciali da tutto lo staff del Tor Bella Monaca.

“… devi riempire un foglio e poi ti misurano la febbre!”, qualcuno tra le ultime file ridacchia. A sipario ancora chiuso, si avvicinano al proscenio Filippo D’Alessio e Alessandro Benvenuti, i due direttori del teatro. La riapertura  per il Tor Bella Monaca era una promessa da mantenere ad ogni costo, ci tengono a puntualizzarlo: “Sia noi che voi, nutriamo il bisogno di andare a teatro” sentenzia Benvenuti e il pubblico è d’accordo.

Lo spettacolo inizia puntuale, le luci in sala si spengono e per un istante si ha la sensazione che questo lungo lockdown possa essere dimenticato.

Su una sedia si intravede nella penombra la figura di Sebastiano Somma, sullo sfondo il Maestro Riccardo Bonaccini imbraccia già il violino che, accompagnato dal pianoforte di sua figlia, suonerà per tutta la durata dello spettacolo. Le luci individuano e separano gli elementi sul palco, sopprimendoli nell’ombra all’occorrenza.

La struggente narrazione dei pensieri e delle sensazioni del vecchio Santiago avviene di fronte al leggio, attraverso la voce di Somma, la cui interpretazione è in grado di portare lo spettatore a miglia e miglia dalla costa. Solo il suono del violino rimane al suo fianco, simulando e confondendosi con quello del mare: durante l’azione si ferma, durante la riflessione torna fastidioso e piacevole allo stesso tempo. Com’è per Santiago il mare, in fondo. 

L’unica breccia che scalfisce la sua solitudine è il pensiero di Manolin – interpretato dalla figlia di Sebastiano Somma, Cartisia -, il ragazzo che lo aspetta a riva e che ha fiducia in lui.

La voce di Manolin spezza d’improvviso l’atmosfera, riportando lo spettatore a contemplare la scena: un quadro sospeso in aria, raffigurante la Vergine Maria, rimane fisso durante tutta la rappresentazione con la cornice illuminata di rosso.

Una trasposizione teatrale leggera e godibile, che nella riduzione di Santoni permette di cogliere nell’immediato la metafora tra “solitudine” e “ritorno” che si ricollega in fretta alla situazione attuale. La storia di Hemingway, riproposta da Somma alla riapertura del teatro permette un’immedesimazione e una riflessione rinnovata, assumendo una valenza simbolica.

La solitudine a cui il mare obbliga il Vecchio è la sfida senza la quale il ritorno al porto non può avvenire in pace. Allo stesso modo, grazie alla sottrazione del teatro dal vivo subita in questi mesi abbiamo potuto riconoscere il luogo in cui il teatro si compie, come una tappa irrinunciabile, come un porto in cui attraccare a sfida conclusa.

Le luci si riaccendono, il pubblico ringrazia gli attori e gli attori ringraziano il pubblico. L’emozione è palpabile: tutti volevano tornare a teatro perché « il teatro è vita!», afferma a voce alta un’entusiasta spettatrice della prima fila, e ancora una volta siamo tutti d’accordo.