Al Teatro Regio di Torino si sono concluse le repliche de “La dama di Picche”, con una scenografia che ha puntato tutto sull’idea di ossessione del protagonista
Un salto in Russia nella primavera del Teatro Regio di Torino. Mercoledì 16 Aprile si sono concluse le repliche de “La dama di Picche” di Čajkovskij,tratto dal racconto di Puškin, per l’occasione portata in scena dalla regia di Sam Brown seguendo l’allestimento della Deutsche Oper di Berlino.

Un’opera che ha oltre centotrent’anni e che parla russo non solo nel libretto, ovviamente in lingua, ma soprattutto nella composizione, nel legame tra musica e cantato, nelle atmosfere che crea, lontane da quell’Europa che ritroviamo spesso anche nelle produzioni occidentali che si ambientato altrove.
Ad accompagnare gli interpreti l’Orchestra del Teatro Regio diretta dal Maestro Valentin Uryupin, alla sua seconda esperienza a Torino dopo “La sposa dello Zar” nel 2023 e la presenza del Coro e delle Voci bianche sempre del Regio diretti rispettivamente dai Maestri Trabacchin e Fenoglio, che aprono lo spettacolo con una scena cui si celebra una primavera molto lontana da quella che attende i torinesi fuori dal teatro.
Al centro dell’Opera l’ossessione di German (Mikhail Pirogov) per le tre carte dell’anziana Contessa (Jennifer Larmore) che garantirebbero vincite sicure alla casa da gioco, un’ossessione che poi si trasforma in quella per Liza (Zarina Abaeva), nipote della donna che seduce pur di arrivare al suo scopo. Nella scenografia di Stuart Nunn è lei il fulcro, i grandi pannelli che inizialmente riproducono il palazzo, dando alla prima scena una certa eleganza, una volta girati sono la mente di un ossesso, immagini di Lisa costanti, primi piani, dettagli del volto. Liza, Liza, sempre Liza.
Il German di Pigrov dà vita bene a questa ossessione, soprattutto grazie al lavoro – anche costumistico – fatto su Zarina Abaeva, una Liza che vive delle attenzioni che le dà l’uomo, remissiva, timida, accompagnata dalla fedele Polina, a cui presta una magnifica voce la contralto Deniz Uzun.
Tutto il contrario della Contessa, che nell’intensa interpretazione, attoriale e canora, di Jennifer Larmore diviene l’incarnazione di questa donna che cela segreti e inganna gli amanti, da viva e da morta, consapevole di sé e del suo ascendente su chi è vinto dal demone del gioco.
Applausi meritatissimi anche per Vladimir Stoyano, interprete del Principe Eleckij, promesso sposo di Liza e nemico di German e per Elchin Azizov nei panni del conte Tomskij.
È la somma di queste voci a dar struttura a un’opera in cui la musica acquisisce spesso un ruolo quasi predominante, non limitandosi ad essere accompagnamento del canto.
Ciò che stupisce nella scenografia è la mancanza dei riferimenti al tema delle carte.
German è inizialmente riconosciuto quale uomo che passa molto tempo a guardare giocare, tedesco irreprensibile non in grado di mettere a rischio ciò che ha per quel che potrebbe avere. Solo la scoperta delle tre carte della Contessa, le tre carte sempre vincenti per chi le conosce, lo porta a cambiare idea.
Ma queste carte, questo demone del gioco non esiste nella rappresentazione visiva.
Neanche nella scena finale, che si svolge proprio alla sala da gioco. Anche qui c’è solo un led che ci ricorda il titolo dell’Opera, Pique dame, forse il nome del Casinò dove il protagonista si immagina vittorioso. La scenografia ha preferito dare risalto, con un buon uso degli schermi, al passato della Contessa che nella trama è solo accennato. I suoi giorni di gloria da “Venere moscovita” in Francia, dove apprese i suoi trucchi di carte, sono mostrati tramite filmati in bianco e nero che sembrano risalire all’inizio della storia del cinema anche per la scelta degli sguardi quasi allucinati dei protagonisti. Frammenti di ricordi con cui si vuol sottolineare il passaggio del tempo, con l’inserimento del cinema nell’Opera che ormai è ricorrente nelle produzioni in scena al Teatro Regio.
Tanto da utilizzare un video con cornice in perfetto stile cinema muto per segnalare gli intervalli, l’inizio dei nuovi atti e le citazioni con cui le scene hanno inizio.
L’intera messa in scena vive di picchi altissimi, soprattutto quando sono in scena le masse, all’inizio dell’opera e durante il ballo del secondo atto, e momenti in cui la scelta di rendere tangibile la pazzia di German non ha l’effetto che si poteva immaginare.Se l’opera in sé è figlia di un contesto diverso da quello mitteleuropeo, e quindi lontana da ciò a cui si è abituati, la scenografia non l’aiuta.
Al contrario invece dei costumi dello stesso Nunn, che risultano perfettamente calati nel momento. In questa ottima trasposizione anche la vestaglia da camera con tacchi, tutto nero e seducente, l’abbigliamento scelto per il fantasma della Contessa, ha un suo valore proprio. Non stona, sottolinea bene cosa sia lei, il suo ruolo arrivati a quel punto, quando pur morta ha ancora potere su German e sul suo destino.

Questa Dama di Picche non sembra conoscere mezze misure, tentando un mix tra quel che funziona benissimo e ciò che invece appare carente. Nel complesso funziona, perché funzionano le voci e tanto basta ad ammaliare il pubblico in sala, malgrado la distanza dell’opera di Čajkovskij dal tradizionale gusto del melodramma italiano.
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La dama di picche – Tratto dall’omonimo racconto di Aleksandr Puškin – Musica di Pëtr Il’ič Čajkovskij – Libretto di Modest Il’ič Čajkovskij – – Con: Mikhail Pirogov (German) – Zarina Abaeva (Liza) – Jennifer Larmore (La Contessa) – Elchin Azizov (Il conte Tomskij) – Vladimir Stoyanov (Il principe Eleckij) – Deniz Uzun (Polina) – Alexey Dolgov (Čekalinskij) – Vladimir Sazdovski (Surin) – Ksenia Chubunova (La governante) – Joseph Dahdah (Čaplickij e Il maestro di cerimonie Tenore) – Viktor Shevchenko (Narumov) – Irina Bogdanova (Maša) – Valentin Uryupin (direttore d’orchestra) – Sam Brown: regia – Sebastian Häupler ripresa della regia – Stuart Nunn scene e costumi – Ron Howell coreografia originale – Angelo Smimmo ripresa e adattamento della coreografia – Linus Fellbom luci – Martin Eidenberger video – Konstantin Parnian drammaturgia – Anna Maria Bruzzese regista assistente – Javier Martinez assistente alla coreografia – Martin Safstrom lights assistant – Claudio Fenoglio maestro del coro di voci bianche – Ulisse Trabacchin maestro del coro – Orchestra, Coro e Coro di voci bianche Teatro Regio Torino -Allestimento Deutsche Oper di Berlino – Teatro Regio di Torino dall’1 al 16 aprile 2025
Foto ©Mattia Gado