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Diamanti: l’ultimo film di Özpetek è un gioiellino da non perdere

Ferzan Özpetek esce al cinema con il suo più bel film degli ultimi tempi

Diamanti è un omaggio all’universo femminile. Un film con e sulle donne, che riunisce il vaginodromo più talentoso del cinema e dello spettacolo italiani per parlare invece a tutte e tutti. Perché questo film riguarda tutte e tutti. L’occhio italo-turco cattura la luminosità e la resilienza di questi diamanti, regalando un film di cui avevamo bisogno, che celebri non solo il Secondo Sesso, ma il senso del cinema stesso.

diamanti
Stefano Accorsi, Paola Minaccioni, Luisa Ranieri e Jasmine Trinca

Avete presente quella sensazione di tepore accogliente che si prova varcando la soglia di casa di ritorno da un viaggio? I film di Ferzan Özpetek, per chi li ama, ricordano proprio questo. I colori sgargianti, la musica, il ritmo, ma soprattutto i sentimenti e le emozioni, coniano una firma inconfondibile, ormai un universo proprio al sapore di casa. La familiarità che si percepisce nei rapporti interpersonali tra i personaggi, che ci si immagina essere quella creata da lui sul set, contribuisce a far crescere nel pubblico la sensazione di conoscerla molto bene quella famiglia, quasi di farne parte.

Ebbene, chi si sente così, il richiamo a quell’universo lo percepirà anche durante la proiezione di Diamanti. Ma peserà molto di più ciò che lo stesso Özpetek ha affermato, alla proiezione il giorno dell’uscita in sala, il 19 dicembre, avvisando le persone presenti di aver fatto qualcosa di inaspettato, di inedito. La sintesi che farà avvicinare anche chi, questo mondo, lo ha sempre sbirciato da lontano.

La storia si articola su due piani temporali diversi. Il primo, quello di apertura e chiusura, è proprio il richiamo a quella famiglia di cui sopra. Ferzan Özpetek, interpretando se stesso, riunisce per un film tutte le sue muse, nonché le stesse che compongono attualmente il nuovo Olimpo italiano. Il secondo è invece il film in sé. Il regista gioca con un metacinema che catapulta la narrazione in una sartoria teatrale e cinematografica della Roma degli anni ’70. Luisa Ranieri, a capo di una squadra femminile dove è l’unione a fare la forza, si muove con quell’atteggiamento autoritario alla Miranda Priestly, in linea con il suo status da Meryl Streep italiana.

La pellicola omaggia una professione vitale per il Cinema ma troppo poco attenzionata, che richiede duro lavoro, spesso in condizioni di stress. Uno di quei mestieri storicamente riservati al genere femminile e, per questo, meno esaltati. Perché un’altra funzione che svolge questo film è quella di cercare di rappresentare tutti i ruoli delle donne, nella loro splendida varietà, passandosi a turno il centro dell’attenzione.

Diciotto attrici, tutte eccellenti, rovesciano lo stereotipo che vuole le donne costantemente in guerra tra loro. La storia ci ha provato a separarle, perché si sa che, invece, quando le donne agiscono insieme sono animate da una forza inarrestabile. La coralità del film non gli impedisce di scavare nel profondo e sfaccettato animo femminile. Özpetek dà vita a un universo pregno di emozioni, esaltando resilienza e talento, sofferenza ed empatia.

La componente maschile del film è esigua ma altrettanto importante. Quel Vinicio Marchioni che in C’è Ancora Domani ci ha fatto credere di essere il salvatore di una situazione di violenza domestica, ora si trasforma nel carnefice della stessa del capolavoro di Cortellesi. L’attore romano inoltre si è speso, off camera, per sottolineare quanto sia importante che in questo periodo storico gli uomini “ci mettano la faccia”. Curiosità: Vinicio Marchioni e Milena Mancini, sua moglie nel film, fanno coppia anche nella vita vera.

C’è poi una piccola squadra di giovani che sembrano appena usciti da una pubblicità di Jean Paul Gaultier. Interpretano fattorini, assistenti sfruttati o pasticceri, ma appaiono come giocattoli di cui si servono le sarte. Sessualizzati, sminuiti, trattati come creature piccole e inette, schiavi di un mondo di donne, costretti a cantare canzoni iconiche che inneggiano alla femminilità. Sembrano loro, ora, quelle piccole formiche, deboli e insignificanti, che per anni il patriarcato ha personificato nella Donna.

Il piano sequenza finale, con una frase omaggio alla magia del cinema pronunciata da Elena Sofia Ricci a Özpetek, consacra il dato autobiografico del film. L’amore per la settima arte, per tutte le figure femminili che l’hanno accompagnato, l’importanza dei costumi e delle scenografie sono proprio la sintesi del suo trentennale lavoro, che lo conferma parte della storia del cinema italiano.

Luisa Ranieri

Diamanti è una coccola che arriva dritta al cuore, aiutata da una colonna sonora sublime composta dalle voci di Mina e Giorgia. Un turbinio di emozioni che accompagna il pubblico anche dopo l’uscita dalla sala. Ferzan Özpetek regala una visione poetica dell’universo femminile, dove il personale diventa politico, andando a toccare le corde più profonde dell’intimità. Un’idea di sorellanza, di unione, di forza, che in questo momento storico serve per cercare di riscrivere un mondo più solidale. Questi Diamanti illuminano non solo le donne, ma un’idea di cinema che sia proprio specchio dell’anima, bellezza e abisso, dove la parità è raggiunta grazie alla lingua delle emozioni.

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Diamanti – Regia di Ferzan Ozpetek – Sceneggiatura di Carlotta Corradi ed Elisa Casseri – con Luisa Ranieri, Lunetta Savino, Jasmine Trinca, Elena Sofia Ricci, Vanessa Scalera, Lunetta Savino, Stefano Accorsi, Luca Barbarossa, Loredana Cannata, Milena Vukotic,m Carla Signoris, Kasia Smutniak, Geppi Cucciari, Anna Ferzetti, Mara Venier, Aurora Giovinazzo, Nicole Grimaudo, Milena Mancini, Vinicio Marchioni, Edoardo Purgatori, Paola Minaccioni, Carmine Recano, Gisela Volodi, Sara Bosi – Fotografia: Gianfilippo Corticelli – Prodotto da Marco Belardi e Tilde Corsi – Nei cinema italiani dal 19 dicembre

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