Dux Pink: Dietro il Potere con le Donne di Mussolini

Un’opera grottesca e ambiziosa ma che incappa nel fuorviante

L’ambizioso Dux Pink è un monologo scritto, diretto e interpretato da Ivonne Capece, autrice che porta in scena alcune delle donne legate a Benito Mussolini. Lo spettacolo, vincitore del bando sulla divulgazione della memoria promosso dalla regione Emilia Romagna, è opera della compagnia bolognese (S)BLOCCO5 ed è andato in scena la sera del 17 ottobre 2024 presso il Cubo Teatro di Torino, nell’ambito della novella rassegna teatrale diffusa Costellazioni. Ideata dall’associazione culturale Asterlizze, questa si articolerà fino al 19 dicembre 2024 in vari spazi e teatri del capoluogo piemontese, spaziando tra teatro, poesia, performance, musica e incontri.

Dux Pink' di Ivonne Capece al Teatro Elicantropo di Napoli - Notizie -  Ansa.it
Ivonne Capece

L’idea centrale del monologo è quella di costruire un racconto attorno alla figura di Mussolini, l’uomo che, cento anni fa, guidò la marcia su Roma, aprendo così il grande periodo buio dell’Italia della prima metà del Novecento. La narrazione esplora il ruolo che alcune donne ebbero nella sua vita e nella politica. Partendo dalla figura di Margherita Sarfatti e arrivando fino a donna Rachele, passando per Edda Ciano, lo spettacolo mette in luce gli elementi perversi che contribuirono all’ascesa del dittatore. La regista presenta queste donne come protagoniste attive della svolta illiberale italiana degli anni Venti, sottolineando un fascismo in cui anche gli spiriti rosa hanno contribuito alla miscelazione di quel nero fumo dittatoriale, le cui conseguenze giungono fino ai giorni nostri.

Sebbene i collegamenti e le allusioni possano apparire efficaci e fortemente legati al dibattito pubblico contemporaneo su questioni ancora irrisolte, l’approccio della regista risulta, in alcune parti, fallace. Questo perché è fondato su una semplificazione storica che confonde le vicende reali vissute da queste donne, creando un’idea della storia come un grande calderone, in cui si può parteggiare per l’una o per l’altra fazione senza alcun discernimento. Come probabilmente avrebbe osservato Marc Bloch, ciò che manca in questo lavoro, o meglio, ciò che è offuscato, è quell’indispensabile strumento del discernimento tra vero, verosimile e ciò che invece è falso; fondamentale prerogativa metodologica per affrontare una tematica di natura storica, ove alcun giudizio deve essere anteposto alla scansione chirurgica degli eventi.

Lo spettacolo inizia con la lettura di un discorso in spagnolo, che richiama molti degli slogan delle nuove destre europee, oggi sempre più rumorose nel rivendicare idee responsabili del deterioramento sociale non solo dell’Unione Europea, ma anche a livello globale. Non è difficile, anche per chi non conosce la lingua spagnola, collegare quel discorso ai proclami di partiti come il Front National in Francia, l’AfD in Germania, Chega in Portogallo, Vox in Spagna o Jobbik in Ungheria.

La prima figura femminile evocata è quella di Margherita Sarfatti, descritta come la finanziatrice del fascismo. Edda Ciano viene invece presentata come una donna affascinata dall’avvicinamento alla Germania nazista e colei che ebbe un ruolo decisivo nell’arresto del padre il 25 luglio 1943, quando l’Italia era ormai allo sfacelo. L’unica figura a cui è riservato un ritratto forse più autentico è donna Rachele: attraverso le colonne sonore dei telegiornali, che si sentono in sottofondo, emerge il lato più intimo di questa donna, lontana dagli aspetti pubblici e bellicosi del marito. Da qui affiora la stoffa romagnola, insieme alla sua rudezza e alla sua ignoranza, talvolta violenta.

Le donne vengono rappresentate in chiave caricaturale, e il loro ritratto sfocia nella descrizione dell’autopsia eseguita sul cadavere deturpato di Mussolini, dopo essere stato esposto in piazzale Loreto a Milano. Questo passaggio provoca uno slittamento nello spettatore, che fino a quel momento ha assistito alle follie rosa di queste donne e che si trova improvvisamente di fronte alla brutalità di una giustizia che forse non è stata tale, ma che rimane un fatto storico e, come tale, parte della memoria collettiva della nazione.

Si può dunque affermare che l’elemento predominante dello spettacolo sia il grottesco, che, pur segnato da alcune inesattezze storiche, riesce a offrire una parziale cornice di lettura critica del fascismo attraverso le presenze femminili che lo hanno abitato e, in un certo senso, mosso.

Ivonne Capece

Tutti i monologhi si svolgono dietro uno schermo, sul quale vengono proiettati video che appaiono come visioni caricaturali e oniriche delle donne rappresentate. Questo espediente scenico ha una sua costruzione ben delineata e di forte impatto estetico, ma risulta affettato in relazione all’intera scena. Dux Pink rappresenta un tentativo interessante di affrontare il ruolo delle donne vicine al regime fascista, ma conserva al suo interno alcune semplificazioni storiche che potrebbero essere senz’altro superate, agendo mediante un’articolazione storico-analitica più appropriata.

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Dux Pink – Regia e interpretazione Ivonne Capece. Drammaturgia Ivonne Capece – Scene e Costumi Micol Vighi – Tecnica Angelo Generali Produzione (S)BLOCCO5 – Con il contributo di Regione Emilia Romagna – Costellazioni – Rassegna teatrale diffusa, 17 ottobre 2024 – Cubo Teatro di Torino