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100 di questi anni: l’Istituto Luce ci ricorda l’eredità culturale italiana

Otto cortometraggi per commemorare il centenario dalla Fondazione dell’Istituto Luce

100 di questi anni è un lungometraggio composto da otto storie affidate a registi e attori italiani dal noto talento. A loro sono state aperte le porte di uno degli archivi cinematografici più prestigiosi al mondo. Ognuno di loro confinato a un argomento, ha poi inventato una commedia tramite cui dare una nuova vita, una nuova storia, a quei materiali. Il risultato è un minestrone di tradizione, ma sicuramente una finestra sul passato attraverso cui si possono recuperare le nostre origini.

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L’Istituto Luce, fondato nel 1924, ha collezionato in questo centenario un archivio preziosissimo di filmati e fotografie. Materiale che documenta minuziosamente tutta l’evoluzione nazionale, e non solo, del settore audiovisivo. Avere la possibilità di guardare filmati, pubblicità, programmi televisivi, provenienti direttamente dagli albori di questo mondo suscita un’emozione non indifferente.

Subito dopo, arriva il momento di affrontare quello che è un passato che riguarda, più o meno, tutti noi. Perché è un passato attraverso cui ci siamo formati e che in molti casi, sia positivi che negativi, ancora ci tocca. Se però lo fa in negativo, nasce allo stesso tempo quella consapevolezza di quanto si possa riuscire a cambiare direzione, toccando il punto di arrivo sulla scia di una nuova corrente. Una consolazione certamente, ma anche uno sprone verso il futuro, volto a darci la forza, se necessario, di rivoluzionare l’assetto sociale.

Michela Andreozzi, Max Bruno, Claudia Gerini, Edoardo Leo, Francesca Mazzoleni, Rocco Papaleo e Sydney Sibilia hanno diretto otto cortometraggi dalle tematiche principali dell’eredità culturale italiana. Musica, criminalità, sessismo, gamofobia(paura del matrimonio), standard irraggiungibili di bellezza (per le donne naturalmente), pubblicità, l’amore incondizionato per il cibo e, infine, Cinecittà.

Il film ci mette un po’ a carburare, ma se si supera la lentezza della prima parte si potrà godere di un cortometraggio davvero brillante. Si tratta di quello diretto da Claudia Gerini con Paola Minaccioni, intitolato: La scuola delle mogli. Avvantaggiata dal repertorio (seppur trattasi di filmati tutti reali) a dir poco surreale e sicuramente (oggi) comico, Gerini ha inventato una storia dalla satira di un’intelligenza esilarante. Paola Minaccioni rappresenta una delle poche nonne ancora in vita ad avere frequentato questa scuola delle mogli e ad aver preso parte ai concorsi di moglie ideale. Spiega così, in un’intervista a Claudia Gerini, come si vivesse al tempo.

Queste scuole di economia domestica erano organizzatissime e i successivi concorsi sembravano molto rigidi. Le donne avevano l’unico compito di imparare al meglio come servire il proprio marito, curare la casa e cucinare. La prospettiva del loro lavoro era una e una sola: diventare la moglie ideale.

Questo cortometraggio, insieme a quello intitolato 100 modi di essere bella, provocano un’inevitabile riflessione sulla condizione della donna all’epoca. E, oltre al brivido di sconcerto nell’accorgersi del fondo che riuscimmo a toccare qualche decennio fa, sorge il pensiero legato ai concorsi di bellezza, che ancora oggi raccolgono migliaia di giovani donne. Miss Italia (nonostante quest’anno sui social siano diventati virali video imbarazzanti di ragazze costrette a cimentarsi in prove artistiche fuori dalla loro portata) è ancora una strada consigliata per chi vuole fare carriera nel mondo dello spettacolo. E questo dovrebbe farci riflettere su quali siano i principi su cui vorremmo basare la nostra società futura.

100 di questi anni si conclude infine con un cortometraggio dedicato a Cinecittà e alla nostra eredità cinematografica. A chi ama profondamente questo settore, Massimiliano Bruno ha regalato una coccola finale consolatoria. Ricordarsi tutta la storia artistica del nostro paese riempie di orgoglio e speranza per il futuro, facendoci sentire, in una mescolanza tra passato e presente, parte di uno stesso splendido mondo.