Gabriele Lavia si conferma ancora una volta superlativo e accende il pubblico romano del Teatro Quirino con Il berretto a sonagli, in scena fino al 20 novembre. La nota commedia di Luigi Pirandello in questo adattamento acuisce i toni del paradosso e della finzione rispetto alla natura dei rapporti interpersonali. Lavia disciplina una regia attenta e puntuale nel descrivere la pressione che la società e il “si dice” esercitano su dinamiche intime e familiari. Nella Sicilia borghese degli ‘anni 20 del Novecento, in un interno dagli arredi barocchi quanto sbilenchi si grida allo scandalo dell’adulterio. Si accende subito una girandola di accadimenti e di personaggi, con Beatrice (Federica Di Martino) e lo scrivano Ciampa (Lavia) fulcro di un assunto scomodo che forse è anche una verità. Ma non si può dire, perché là fuori, ai bordi del palcoscenico, la locale comunità “perbene” ascolta e vede tutto. Il rischio di compromettersi, per tutti e per il nome della famiglia, è troppo alto rispetto alla natura per quanto indegna e immorale del tradimento.
Dunque – si evince – la verità non rappresenta la via d’uscita, non libera; piuttosto è scomodo ostacolo rispetto ad una condizione di quiete, sì ipocrita, ma che è meglio preservare.
Nei due atti, sorrette da scenografie ad effetto, emergono potenti le aspettative degli altri. Governo insindacabile rispetto alle manovre di chi vive, in privato, nell’intimo, le situazioni. Che siano Beatrice, Ciampa, Nina, la serva Fana, il delegato Spanò, il Cavalier Fiorica. Tutti finiscono per indossare una maschera, di protezione, di buon costume. Alla stregua di “pupi”. Manichini al pari della gente che severa giudica, là fuori.
Il saggio Ciampa, del resto, ricorda che “ogni persona ha tre corde d’orologio in testa: la seria, la civile, la pazza. Quella civile è la più importante, poiché necessaria agli esseri umani per vivere in società”. Ciampa non sopporta il giudizio collettivo, si sente però costretto ad accettarlo. E così la commedia si fa tragedia mortificante per la mente e per lo spirito. Lavia commuove e si prende tutta la scena.
Insieme a lui e Di Martino, una menzione per agli altri convincenti interpreti: Francesco Bonomo, Matilde Piana, Maribella Piana, Mario Pietramala, Giovanna Guida, Beatrice Ceccherini. Citazione di merito anche per le scene, opera di Alessandro Camera, e per i costumi ideati dagli allievi del Terzo anno dell’Accademia Costume & Moda (Matilde Annis, Carlotta Bufalini, Flavia Garbini, Ludovica Ottaviani, Valentina Poli, Nora Sala, Stefano Ritrovato) coordinati da Andrea Viotti.
Produzione Diana Oris Effimera.