È approdata su Netflix Vatican Girl: la scomparsa di Emanuela Orlandi, una nuova serie documentario, in quattro puntate da un’ora, che approfondisce e racconta fin dal principio con grande maestria narrativa e cinematografica, la storia della scomparsa di Emanuela Orlandi. Da intrighi internazionali, passando per l’attentato a Papa Giovanni Paolo II, attraversando un pezzo della storia della banda della Magliana, le piste da quel tragico 22 maggio 1983 sono davvero tante e tutte in qualche modo portano al Vaticano, perché questa storia parte da lì. Emanuela Orlandi non è una cittadina qualsiasi, lei è una cittadina del Vaticano.
Se oggi fai il nome di Emanuela Orlandi a qualcuno delle generazioni precedenti agli anni Novanta, ricorderà perfettamente il caso di quella quindicenne scomparsa un pomeriggio del 22 maggio 1983 e mai più ritrovata. Questo nome riecheggia nella memoria di tutti e divenne un caso non solo nel nostro Paese ma anche in America, dove si interessarono alla vicenda, perché qualcosa in questa storia ricordava un libro di Dan Brown.
Certe storie, per inquietante che possa sembrare, fanno la storia del nostro Paese e alcuni nomi sono impressi nella memoria sociale di tutti, anche coloro che non erano presenti quando sono accaduti certi fatti. Per un certo tempo, gli anni di piombo, in Italia sintonizzarsi sul telegiornale era come aprire un bollettino di guerra, ne succedevano di ogni ed era anche un periodo in cui molti giovani lasciavano la casa materna e si allontanavano spontaneamente. Non fu questo il caso di Emanuela che invece fu rapita. Erano gli anni del povero Alfredino Rampi, caduto in un pozzo e morto in diretta televisiva, erano gli anni dell’attentato al Papa, delle bombe, pochi anni prima il sequestro Moro aveva riempito le pagine dei giornali e nel 1983 mancavano nove anni alla morte di Falcone e Borsellino.
In queste pagine si inserisce la banda della Magliana capitanata da Renatino De Pedis e si verificano delle sparizioni, una di queste è appunto quella di Emanuela Orlandi, una ragazza come le altre se non fosse che lei era una cittadina del Vaticano.
Il Vaticano, la casa dei cardinali, dei prelati e delle suore, luogo sacro e Stato a parte con le proprie leggi, ma soprattutto con i propri segreti. Millenni di intrighi, affari, scambi e favori, ma soprattutto un mucchio di verità raccolte e nascoste sotto il tappeto.
Emanuela Orlandi era (o forse lo è ancora?) figlia di un dipendente del Vaticano scomparsa appunto nel 1983 un pomeriggio che si era recata fuori dalle mura del Vaticano (il cui cancello veniva chiuso a mezzanotte) per andare alla scuola di musica. Dopo le prime dodici disperate ore di ricerche i familiari sporgono denuncia e iniziano le indagini per questo evento rimasto irrisolto per quasi quarant’anni. Inizialmente i rapitori o chi per loro lasciano credere di aver preso la ragazza in ostaggio e che la rilasceranno solo se Ali Agca, attentatore del Papa sarà lasciato libero.
Ma dopo alcuni anni nuove testimonianze, una di queste da parte della allora amante di Renatino portano la pista in altre direzioni. Alla fine del documentario le teorie sono almeno due e ciascuna di quelle raccontate, esposte e comprovate nel documentario hanno brandelli di verità, ma la cosa che inquieta profondamente quando si guarda questo documentario e in genere quando si pensa a questa storia è che il Vaticano c’entra sempre.
Come la famiglia Orlandi anche noi ci scervelliamo insieme a loro nella visione del documentario, come un giallo irrisolto, un rebus o l’indovinello della Sfinge solo che a differenza di tutti questi esempi, purtroppo il caso Orlandi non ha ancora una chiusura.
Il regista è Mark Lewis, americano che si è interessato della vicenda e come lui molti oltre le Alpi hanno seguito negli anni, con molta attenzione la vicenda, nel frattempo che la famiglia Orlandi in questi decenni viveva di speranze, ora assopite ora risvegliate, con una madre che è arrivata a novant’anni nell’attesa di riabbracciare sua figlia e un padre che morendo ha detto di essersi sentito abbandonato dalle stesse persone che ha servito.
In questa drammatica storia rientra anche lo stesso Giovanni Paolo II il quale si trovava in Polonia il giorno che Emanuela è scomparsa. Ma perché? Sembra che nella prima teoria i rapitori avessero voluto prendere Emanuela in ostaggio e farne merce di scambio con Agca, ma allo stesso tempo una sotto teoria vorrebbe Emanuela come ostaggio per una questione di soldi. Soldi che Papa Giovanni Paolo avrebbe sottratto alla mafia per finanziare il gruppo Solidarność.
Infine, l’ultima testimone a parlare è quella che fu la migliore amica della ragazza e che solo recentemente ha raccontato qualcosa che, se fosse vero, sarebbe agghiacciante. Emanuela qualche giorno prima della sua scomparsa avrebbe subito delle molestie da qualcuno molto vicino al Papa.
La storia della pedofilia nella chiesa è venuta fuori già da alcuni anni, all’epoca era un segreto ancora sepolto e nessuno poteva immaginare le sozzure di un ambiente che avrebbe dovuto rappresentare una certa integrità e moralità. Le molestie a Emanuela sarebbero state quindi un modo per ricattare la Chiesa. Chi li stesse ricattando non si sa, ma una fuga di documenti dal Vaticano ha fatto poi scoprire un’altra drammatica verità, ossia che il Vaticano sapeva ogni cosa e avrebbe avuto anche le mani in pasta nella sparizione stessa. Almeno così dice la teoria legata allo stupro.
Il documentario comprende in parte interviste dal vero dei parenti e dei testimoni e in parte ricostruzioni della vicenda in base alle teorie. La regia sembra più quella di un film di fiction piuttosto che di un documentario, poiché la fotografia non è mai sporca ma talvolta perfino patinata. Insomma il documentario si lascia seguire sia dal punto di vista del contenuto sia dal punto di vista emozionale e visivo. Impossibile iniziare la prima puntata e non voler proseguire fino alla fine, anche se purtroppo sappiamo già che non avremo le risposte.
Il modo in cui il documentario è stato prodotto, poi, con Roma deserta è stato facilitato dal fatto che le riprese sono state fatte durante il primo lockdown, quindi due anni fa, ormai. Per altro le immagini di repertorio anche private si devono a del materiale video che gli stessi Orlandi hanno messo a disposizione.
Insomma Vatican girl è un documentario bello da vedere e necessario, nel primo caso perché girato davvero bene, nel secondo caso perché questa è una storia che deve circolare e che anche le nuove generazioni devono conoscere.