Voci dal Teatro Argot: intervista a Tiziano Panici

 di Giorgia Leuratti

 

Intervistato da Quarta Parete, Tiziano Panici, direttore artistico del Teatro Argot di Roma insieme a Francesco Frangipane, ci racconta di come questa realtà teatrale, sebbene piccola, abbia continuato a resistere e a reinventarsi dando spazio a residenze artistiche, portando avanti una riprogrammazione straordinaria e non escludendo la collaborazione con diverse realtà teatrali e iniziative di promozione teatrale.

 

Sospesa nel Marzo 2020 a causa dell’emergenza Covid, la rassegna Over Emergenze Teatrali si è indirizzata verso residenze artistiche e programmazione in streaming. Quali i tempi e le modalità di articolazione?

Dopo la chiusura del 4 marzo dello scorso anno è stato necessario reinventarci. Molto velocemente nel corso dell’estate abbiamo cercato prima di tutto di ottimizzare i nostri spazi – quelli di un piccolo teatro – e abbiamo dovuto far fronte a una serie di esigenze: abbiamo smontato la platea, fatto le dovute sanificazioni, e iniziato la registrazione di tutte le presenze adeguandoci a tutte le normative igienico sanitarie e di distanziamento richieste. Nel frattempo abbiamo mantenuto attivo il premio Over che si sarebbe dovuto svolgere all’interno della rassegna, trasferendolo ai primi di ottobre: sarebbe divenuto il primo evento della stagione così come l’avevamo pensata. Era dunque già previsto che avremmo lavorato in streaming e questa riprogrammazione straordinaria ha preso il nome di “Il Teatro di Domani”. Durante l’estate abbiamo lavorato sullo spazio come spazio prove e spazio di residenza e a ottobre eravamo pronti a cominciare: avremmo avuto un pubblico contenuto e avremmo registrato e trasmesso in streaming in diretta lo spettacolo. Tutti gli appuntamenti della rassegna erano stati pensati per essere riprogrammati e fruiti in questa modalità. Poco prima della chiusura del 24 ottobre, avevamo ospitato la prima residenza Over che abbiamo destinato all’artista umbro Silvio Impegnoso: avevamo già predisposto tutto il cambio di passo assicurando il progetto con due partner molto importanti che sono Theatron 2.0 e Monoscopio, una realtà con cui avevamo già collaborato e che ci ha permesso – anche in uno spazio piccolo come il nostro – di fruire lo streaming con una buona qualità e con una regia in diretta utilizzando due o tre camere per la ripresa in diretta e quindi creando un’immagine non statica. Questa riconversione ha portato buoni risultati, gli spettatori sono stati tanti, le dirette sono state trasmesse solo in occasione della serata in cui erano programmate, una scelta volta a restituire il senso del lavoro e del teatro. Dopo l’interruzione di Ottobre – Dicembre, abbiamo ripreso le attività e riprogrammato le dirette che erano rimaste fuori, quelle di Alessandro Sesti, quella di Cristel Checca e di Cerbero Teatro e infine quella di Hosteria Fermento che era la compagnia vincitrice del premio Over.

 

In quale misura il NEST di Napoli ha contribuito al progetto?

Nest è uno spazio gemello rispetto a quello di Argot, vive in un’altra città complessa che è Napoli: è uno spazio piccolo di produzione dove abita una compagnia di ragazzi molto giovani che hanno grande passione per la materia teatrale. La loro storia si avvicina molto alla nostra, è una storia gemella, parallela. Nella prima edizione di Over con lo spettacolo Non plus ultras con Adriano Pantaleo, abbiamo coprodotto un loro spettacolo ospitando una prima residenza e da lì li abbiamo invitati a proseguire con noi questo percorso. Inoltre entrambi i progetti sono rivolti alla formazione del pubblico: così come loro hanno il progetto Giovani O’ Nest, noi abbiamo Dominio Pubblico; i ragazzi dei due progetti sono venuti in contatto partecipando ad esempio alle premiazioni di Over e ai vari esperimenti di residenza. Adesso Hosteria Fermento, che è stato in residenza da noi, andrà nella prima metà di aprile in residenza al Nest.

 

Tra gli spettacoli previsti in diretta streaming Oblio di Cristel Checca si caratterizza per il ricorso ad una performance interattiva. Quale l’effetto sul pubblico che, sebbene in un’altra modalità, si trova ad essere nuovamente coinvolto?

In questo caso era proprio il contenuto stesso dello spettacolo a prestarsi per questa modalità. La regista aveva immaginato l’interazione del pubblico dal vivo: non potendolo immaginare in presenza è stato facile farlo in modo digitale appoggiandosi a un’app che permetteva al pubblico di dare risposte in diretta sulla modalità Bandersnatch che prevede una storia fatta a bivi. Il risultato è stato molto forte, le interazioni virtuali su questo spettacolo sono state infatti il doppio rispetto a quelle che abbiamo avuto negli altri spettacoli. Il gioco artistico si prestava infatti a questo tipo di esperimento e di esperienza.

 

La manifestazione nazionale dello scorso 23 febbraio promossa dalla Rete Intersindacale Professionisti dello Spettacolo vede l’attiva partecipazione del Teatro Argot con lo slogan “Cultura: whatever it takes”. Quali gli interventi prioritari per difendere la cultura ad ogni costo?

Abbiamo partecipato a supporto di lavoratori e lavoratrici dello spettacolo. Riteniamo che le istanze di riapertura dei teatri siano giuste nella misura in cui vengono applicate anche ad esempio alla ristorazione e ai bar, mettendole sullo stesso piano in quanto non ci sono differenze a livello di sicurezza: riteniamo giusta la riapertura purché sia adeguatamente sostenuta da contributi statali che garantiscano le perdite. Il 25% come è stato prognosticato, non sarebbe una soluzione per nessuno, soprattutto per spazi come i nostri che di fatto stanno andando avanti senza pubblico: per uno spazio come l’Argot lavorare al 25% significherebbe non avere pubblico in sala ma poter ospitare solamente gli artisti e gli operatori. Dal nostro punto di vista un’ottica sostenibile è quella di una città capace di rispondere, a partire dalla primavera, dedicando degli spazi all’aperto che potrebbero essere occupati dai teatri della città. La programmazione all’esterno e urbana sarebbe già una risposta importante con una certificazione dei permessi e un sostegno reale da parte del Comune della città. Dall’altra parte la riapertura, ma con adeguati sostegni nel portare avanti lo sviluppo di progettualità come le nostre che servono alle giovani compagnie emergenti per continuare a programmare la loro ricerca e per farsi conoscere da un pubblico più ampio. Se in questo momento il teatro si può fare solo attraverso lo streaming, ben venga considerando però che il lavoro richiede costi e tempo.

 

Secondo quali modalità nasce e sviluppa la vostra cooperazione con la rete nazionale Risonanze Network?

Il contributo di Risonanze Network è quello di creare una rete tra realtà che promuovono teatro e artisti giovani che fanno più fatica a occupare spazi e a emergere. L’Argot contribuisce dando il suo spazio di residenza per il Progetto “Cantiere” e quindi ospitando una delle compagnie che viene promossa all’interno di questo progetto, poi sostenuta e selezionata da tutta la rete di Risonanze.  Questa comprende anche i ragazzi di Dominio Pubblico con un progetto che potrebbe essere scelto per realizzare questo percorso.

 

È online il Bando Z dell’ottava edizione del festival multidisciplinare Dominio Pubblico: la città agli under 25: quali le prospettive sulla sua realizzazione a giugno presso il Teatro India?

La direzione artistica under 25 è già a lavoro. Entro fine marzo dovremmo chiudere le selezioni e comunicare gli esiti dei vincitori entro la prima metà di aprile. Nell’edizione del 2020 abbiamo dovuto reggere l’urto del lockdown ma siamo riusciti a programmare il festival sia negli spazi all’aperto del Teatro India, sia nello spazio Rossellini della Regione Lazio che ci ha consentito di registrare e realizzare in streaming gli spettacoli non realizzabili all’aperto. Il nostro è divenuto a tutti gli effetti un festival ibrido a una doppia velocità: se non emergeranno problematiche dovrebbe svolgersi tutto tra la fine di giugno e l’inizio di luglio.

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