Maggio 2020, in occasione del suo ottantaduesimo compleanno un’importante quotidiano titolava: “Gianni Minà 82 anni, una vita in mezzo alla storia“. Centina di straordinarie interviste realizzate insieme a decine e decine di reportage in giro per il mondo. Dalla Cuba di Fidel Castro all’Argentina di Videla. Campioni dello sport come Cassius Clay, Maradona, Pietro Mennea, Marco Pantani, Nino Benvenuti. Premi Nobel, poeti, registi, attori, star del jazz e della musica, dal Brasile all’Avana. Da Roma a Napoli, da Parigi a Londra passando per Madrid e da New York a Tokio. QUARTA PARETE con Tonino Pinto lo ha intervistato in occasione dell’uscita del suo ultimo libro “Storia di un boxer latino”, edito da Minimum fax. Gianni Minà, giornalista, scrittore, documentarista, conduttore televisivo di grande successo. È stato direttore del quotidiano Tuttosport, della rivista letteraria Latinoamerica e tutti i sud del mondo e della collana Continente desaparecido di Sperling & Kupfer, dedicata agli autori latino-americani. Ha pubblicato numerosi libri, molti dei quali sull’America Latina. Ha saputo raccontare come pochi fatti, personaggi, testimonianze e avvenimenti che hanno segnato il nostro tempo.
Sono andato trovarlo nella sua bella casa romana, per parlare del suo bellissimo libro. Acquistandolo, noterete la bellissima copertina disegnata da David Alfaro Siqueiros, mentre il titolo è stato suggerito a Minà dal suo grande amico Paolo Conte. Costa soltanto 16,00 €. Con questa cifra, comprate anche un viaggio che non dimenticherete facilmente. Un libro che racconta non solo la sua vita, quella di un grande giornalista, ma è anche un romanzo straordinario sull’amicizia e sulla fratellanza.
T: Caro Gianni, questo libro sarebbe piaciuto al tuo grande papà, amante della musica, e soprattutto a tuo zio Peppino, che non hai conosciuto e che negli anni venti, prima del terremoto di Messina, vestì addirittura la divisa nella Russia zarista di “cosacco” del Don.
G: Sì, credo proprio che gli sarebbe piaciuta la mia vita… quel cosacco del Don partì dall’Italia prima del terremoto di Messina e ci è tornato subito dopo. Per me è stato come resuscitare una leggenda di famiglia, che fa comunque parte della mia storia… zio Peppino “il cosacco” aveva sete di avventura. Tornò in Italia dopo quel terribile terremoto per riabbracciare i fratelli e prima della Rivoluzione di Ottobre, che cambiò la Russia.
T: Un libro così ricco di storie e di personaggi che nel corso della tua vita giornalistica hai conosciuto, dai premi Nobel come Gabriel Garcìa Marquez ai Beatles, che hai accolto in Italia,viaggiando con loro anche in una tua vecchia 500. Un libro che, per commentarlo, bisognerebbescriverne un altro. L’inizio della tua carriera giornalistica è stato caratterizzato dall’incontro con tre grandi maestri: Antonio Ghirelli, il direttore del Corriere dello Sport, quando tu scrivevi su quel giornale; Maurizio Barendson e Sergio Zavoli, quando cominciasti la tua fantastica avventura con la Rai, con interviste e reportage in tutto il mondo per seguire gli eventi dello sport, dello spettacolo e della società e soprattutto una trasmissione televisiva come BLITZ, dove per anni hai avuto ospiti eccezionali, grandi protagonisti del ‘900 del modo artistico, musicale, cinematografico, teatrale e sportivo. Cosa sono stati per te Ghirelli, Barendson e Zavoli?
G: Antonio Ghirelli mi insegnò a scrivere e ad ignorare quel micidiale cancro, per chi racconta, che è la retorica, Barendson a raccontare in televisione lo sport e Zavoli tutto quello che deve fare un giornalista rispettando il valore umano.
T: Caro Gianni, hai conosciuto, come dicevamo, tanti personaggi. Da Fidel Castro a Sergio Leone, da Giuseppe Ungaretti a Robert De Niro, da Muhammad Alì (Cassius Clay) a Gabriel Garcìa Marquez, da Paolo Conte ad Adriano Celentano, Mina, Fiorella Mannoia… insomma l’elenco è lungo!
G: Nella mia memoria resta indelebile, fra i tanti episodi, la cena in una nota trattoria romana dove avevo invitato, dopo averlo intervistato, Muhammad Alì, ovvero il campione del mondo dei pesi massimi, in visita in Italia per incontrare il Papa. Robert De Niro, che avevo già conosciuto e che stava girando con Sergio Leone, saputo dell’incontro e della cena, si unì alla tavolata e così Sergio Leone e anche il mio amico Gabriel Garcìa Marquez. Fu una cena indimenticabile!
T: Questo libro non parla di politica. Racconta degli uomini e delle donne, come il Nobel Rigoberta Menchù.
G: I diritti degli uomini e delle donne sono diritti che non puoi cancellare, che non può cancellare nessuno! E non si può mai subire. Questo non ha bisogno di commenti.
T: Sì, però la tua amicizia con Fidel Castro fa parte della tua stessa storia giornalistica e umana; ne hanno parlato in tanti. Come te, possono vantare di aver conosciuto Fidel Castro e forse non proprio come te una giovanissima Gina Lollobrigida e il trasgressivo regista americano Oliver Stone.
G: Non me ne sono mai vantato. Fidel Castro è stato uno dei grandi uomini del ‘900, un nome che è già passato alla storia.
T: Fra i tanti personaggi che hai conosciuto e intervistato, un posto d’onore lo merita senz’altro il tuo grande amico e Nobel Gabriel Garcìa Marquez, “Gabo” per gli amici.
G: Gabo è stato quello che è stato anche per te, che lo hai conosciuto… Un leader sin verguenza. Anche lui è storia! Gabo Marquez non ha scritto soltanto dei libri fantastici, molti del quali sono diventati anche film, ha avuto il coraggio di dire sempre quello che pensava, come Muhammad Alì.
T: Celentano, Paolo Conte, Dizzy Gillespie, Mina, ma nel cuore credo che tu abbia in particolare il ricordo indelebile di Massimo Troisi e Pino Daniele.
G: Ho avuto la fortuna di conoscerli tutti, artisti straordinari. In particolare Troisi e Pino Daniele, artisticamente diversi, entrambi ricchi di una eccezionale umanità. Si volevano molto bene. Hanno lasciato un segno nel mondo della musica, nella poesia e nella prosa del ‘900.
T: Toquinho, Vinicius de Moraes, Chico Buarque de Hollanda, fuggivano in Italia dai generali, durante la dittatura negli anni ’60 in Brasile. Ci sono delle storiche immagini in bianco e nero con te che accogli Chico all’aeroporto di Ciampino e poi le interminabili cene dal “Moro”, nel cuore di Roma, la storica trattoria degli artisti.
G: Sono stati i rappresentati di un Brasile che ha lottato per la libertà e la democrazia e lo fanno ancora oggi. La musica per i brasiliani è un tessuto connettivo fatto di libertà, che mi auguro non cambi mai. A Roma con loro, alla fine degli anni ’60, ho vissuto un momento magico. Con loro ci siamo innamorati tutti, da Mina a Fiorella Mannoia e Ornella Vanoni, della musica brasiliana. Quegli artisti hanno scritto cose bellissime… La chitarra di Toquinho in quelle cene era la cornice musicaleideale.
T: Il Covid, secondo te, sta cambiando anche l’umanità?
G: Credo proprio di sì. La mia speranza è che non si perda la creatività e la sensibilità dell’essere umano.
T: Volevo chiederti un tuo augurio, un tuo pensiero rivolto ai giovani.
G: Di essere capaci di fare quello che abbiamo fatto noi nel dopoguerra e cioè non avere paura di scoprire, di vivere, di costruire un mondo conservando, se possibile, anche le cose belle del passato e di dare vigore a tutto.
Grazie Gianni!