Quando tornano le rose

“Quando tornano le rose” di Margherita Bonanno: recensione del romanzo

di Miriam Bocchino

 

“Quando tornano le rose” di Margherita Bonanno, edito da Round Robin Editrice, è un romanzo intenso le cui pagine risuonano di dolore, emozioni e pulsazioni.

La protagonista del libro è Caterina, una ragazza di 25 anni. Caterina apparentemente è una fanciulla come tante, ricerca uno scopo, è insoddisfatta della sua esistenza e ha vissuto la perdita del padre. Quest’ultimo è costantemente ricercato nelle pieghe dell’esistenza. Talmente ricercato che quando grazie a uno stage universitario come ufficio stampa entra in contatto con Giuseppe Basile, famoso attore con cui il padre ha recitato nel ruolo di comparsa, non può fare a meno di scorgere sul suo volto il genitore, la “soluzione” e la felicità.

Caterina attraversa le strade di Roma cercando un senso tra l’inquietudine e la necessità di sopravvivere. Si perde la ragazza in corpi sbagliati, in notti dissolute e in segreti inconfessabili.

Giuseppe diviene un ossessione, una domanda e la sua risposta.

“Lui era nel primo film che vidi al cinema all’età di sette anni, il mio primo amore teatrale, il ricordo più fervido della passione e dell’amore per l’arte di mio padre. Era un suo riflesso.”

Ci si chiede se l’autrice, attraverso una penna attenta e lucida, racconti una storia vissuta, seppure indirettamente, oppure se la protagonista è solo creazione mentale, un alter ego da riempire con gli errori, le debolezze e le fragilità.

“Quando tornano le rose” è un romanzo breve che si legge in fretta perché famelica è la necessita di comprendere se Caterina può salvarsi.

Caterina soffre di up e down: il suo umore è discontinuo, la sua felicità lucente e la sua sofferenza agonizzante.

“Arriva la tristezza alla fine di ogni entusiasmo.
Così accade spesso che sogno, sogno tanto, sogno positivo, poi mi sveglio, mi guardo intorno e non c’è nulla, nessuno ad aspettarti, nessuno a cercarti. Non esisti, ecco”.

Caterina, tuttavia, non è sola: ha Angelica, la sua più cara amica, il professore Landolfi che sembra comprendere quella fanciulla così sofferente, la sua famiglia  frammentata e la sua terra, la Sicilia, corrotta e splendente.

“Pensavo alla mia terra, arsa e corrotta, agli occhi di mia madre scalfiti da un grigio simile alla tristezza, all’arroganza sociale di mia sorella, all’assenza di autostima di cui ero vittima dopo la morte di mio padre.”

Tra le pagine di “Quando tornano le rose”  il lettore può ritrovare se stesso, il suo dolore, la sua malinconia, il suo desiderio di rivalsa, la lotta per la vita.

Caterina, che ha un forellino sopra l’orecchio destro da cui riceve misteriose istruzioni, appare folle eppure lucida, straordinariamente simile a qualsiasi altro essere umano. Il confine è sottile: c’è chi smette di lottare e chi intrepido non si arrende all’esistenza e ai suoi misteri.

“La tristezza è quel semicerchio sotto l’arcobaleno, un’ampolla da cui ogni tanto vediamo fuori e, se alziamo la testa, i colori sono sempre così lontani e irraggiungibili. Convivo da sempre con lei, le cammino accanto.

Lei è al mio fianco, passeggiando in riva al fiume, tra le gocce di pioggia sul parabrezza, infilata nei ricordi, mescolata alla malinconia.”