“Non è vero ma ci credo”, quando la fortuna si fa beffarda

Leo Muscato prosegue l’eredità dei De Filippo con una versione moderna della celebre commedia di Peppino.

Cosa accadrebbe se credenze e superstizione non sortissero l’effetto desiderato? Di certo ne scaturirebbe una tragedia tutta da ridere. Ed è proprio così che, in una costante tensione tra adesione al reale e l’intervento del soprannaturale (caratteristico del teatro Eduardiano) Peppino De Filippo dà vita, nel lontano 1942, alla commedia in tre atti “Non è vero ma ci credo”. Un’opera teatrale, la sua, che tutt’oggi sfida limiti temporali e spaziali conservando una solida contemporaneità. Se, però, Peppino De Filippo ha ambientato la sua storia in una Napoli anni Trenta e Luigi, successivamente, ne ha posticipato gli accadimenti di una ventina d’anni; oggi – quella a cui assistiamo per la regia di Leo Muscato – è una storia ancora più avanti nel tempo; una storia ancora più vicina ai giorni nostri: visibile sia nella scelta costumistica che negli elementi scenografici, l’ambientazione è di certo quella di una Napoli anni Ottanta. La Napoli di Pino Daniele, Mario Merola, Maradona.

©Sollima

In un condensato atto unico, che non ne snatura affatto il topos, protagonista inalienabile è ancora una volta Gervasio Savastano (Enzo Decaro). Lui, avaro imprenditore, vive nella costante paura di essere vittima della iettatura. Intorno a lui, solo segni funesti. Ossessionato dalla superstizione e dalle sue esasperate credenze, non solo la sua vita è ormai un incubo; ma lo è anche quella di chi gli vive accanto: la moglie e la figlia, impossibilitate a condurre una vita normale, sono sull’orlo di una crisi di nervi. I suoi collaboratori, d’altro canto, non tollerano più la sua maniacale ossessione.

Così in una versione moderna della caratterizzazione attoriale tipica della Commedia dell’Arte, passando per la “commedia morale” Molieriana, ecco emergere la matrice Eduardiana e di tutto il teatro umoristico della famiglia De Filippo: conservando un’attenta osservazione della realtà e dei comportamenti sociali, quello che viene a definirsi sulla scena è un agens corporeo realistico; naturale, che ha come focus (più che la fisicità attoriale) una precisa caratterizzazione psicologica veicolata dalla vivacità comica delle battute.

Enzo De Caro – Foto ©Sollima

Pertanto, nell’alternarsi di quadri scenici (il cui uso delle luci e del movimento transitorio è stato coordinato armoniosamente) e in un susseguirsi di eventi parossistici, al limite del surreale, ne scaturisce una commedia dal gusto tragicomico in cui, grazie al potere dirompente della comicità, vengono messi in luce gli esiti negativi di un’esasperata credenza e superstizione dimostrando quanto, ahimè, la fortuna (o quella che si crede tale) sia beffarda.

Non è vero ma ci credo. Di Peppino De Filippo. Regia di Leo Muscato. Con, Enzo Decaro. E con, Carlo Di Maio, Roberto Fiorentino, Carmen Landolfi, Massimo Pagano, Gina Perna, Giorgio Pinto, Ciro Ruoppo, Fabiana Russo e Ingrid Sansone. Scene, Luigi Ferrigno. Costumi, Chicca Rucco. Disegno luci, Pietro Sperduti. Una produzione, I Due della Città del Sole. Teatro Vittoria, dal 2 al 7 aprile.

Immagine di copertina: ©Sollima