Il fantasma dell’immagine tra le tracce di un diario sonoro
Dal 15 febbraio al 17 marzo 2024 l’Area X, spazio polifunzionale della città di Torino, appartenente al gruppo Intesa Sanpaolo, ospita la performance Le mie parole vedranno per me. Un lavoro di ricerca facente parte della stagione 2023/2024 del TPE (Teatro Piemonte Europa) Teatro Astra. Il titolo della stagione è Cecità ed è stata inaugurata lo scorso ottobre con l’omonimo spettacolo del coreografo Virgilio Sieni.
A dirigere Le mie parole vedranno per me il giovane e promettente Marco Corsucci mentre Andrea Dante Benazzo ne firma la drammaturgia.
Questo lavoro nasce da una richiesta che il direttore del TPE Andrea De Rosa, approntando la nuova stagione teatrale, fece al giovane regista. In quel periodo anche Corsucci stava indagando sul tema dello sguardo pertanto la proposta di De Rosa ha permesso, a lui e al drammaturgo che lo ha accompagnato, di indagare l’universo percettivo e conoscitivo di chi è privato della vista dalla nascita o a seguito di una malattia degenerativa. Hanno avuto modo di riflettere sul ruolo dominante che oggi ha per noi l’immagine, e sulle capacità che l’intelligenza artificiale possiede nel veicolare l’immaginario attraverso le descrizioni di ambienti o persone che è in grado di fornire attraverso la semplice analisi di uno scatto fotografico.
Nella fase ideativa, il regista e il drammaturgo sono partiti dall’analisi di diversi autori, come ad esempio Guilbert, Berger, Jarman e Sofocle. In particolare, dall’Edipo a Colono sofocleo hanno estrapolato una battuta che ad oggi è il titolo dello spettacolo.
Il bisogno di vivere ogni ricordo e ogni attimo che resta esplode tra le pagine del diario “Citomegalovirus” di Hervé Guibert, opera che l’autore scrisse durante i continui ricoveri tra Italia e Francia, mentre la sua vista pian piano stava scomparendo a causa dell’infezione da cui il libro prende il titolo. Già nel testo di Guibert emerge il tema della cecità, trattato attraverso molteplici aspetti. In altri scritti, come “Cataratta” del britannico John Berger, viene affrontato il tema della vista e della perdita di questa attraverso una prospettiva più saggistica. Berger non trascura naturalmente l’aspetto autobiografico senza il quale la narrazione non avrebbe potuto muovere i suoi primi passi. L’autore riflette sulla luce e su quello che essa genera: la distanza. Uno spazio irradiato dalla luce risulta più visibile e consente all’occhio, dunque allo sguardo, di avventurarsi all’esterno, in uno spazio che esiste mediante la distanza tra mutevoli corpi differentemente irradiati. Un occhio affetto dalla cataratta, un occhio impossibilitato alla vista, rimane invece intrappolato in interni e per poter evadere da questa condizione bisognerebbe sviluppare ciò che Berger definisce la lateralità: la propensione a favorire la conoscenza attraverso altre e varie direzioni. Lo scrittore invita, sulla base del ricordo e non solo, all’immaginazione di una moltitudine di orizzonti alternativi a quelli visibili e che procedano verso direzioni multiple. Da questi racconti che affrontano la perdita e il recupero della vista, ma che soprattutto riflettono sulle condizioni di cecità, la drammaturgia ha mosso i primi passi per poi essere arricchita dalle interviste che compongono il folto nucleo principale dello spettacolo.
Questo lavoro è stato reso possibile anche attraverso la collaborazione con U.I.C.I. Torino (Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti) e A.P.R.I. (Associazione Pro Retinopatici e Ipovedenti), poiché mediante queste due associazioni, il regista è riuscito a raccogliere le testimonianze che si ascoltano nella prima parte dello spettacolo e che sono state registrate nel corso di due mesi tra novembre e dicembre 2023.
Il pubblico, entrando nella sala dedicata all’azione scenica, si trova davanti a un ambiente raccolto, dove al centro c’è una scrivania dietro la quale è seduta una donna. Sul tavolo un audioregistratore magnetico, delle cassette e un bastone per non vedenti ripiegato. Sopra il registratore un microfono sorretto da un’asta mentre a circa tre metri dalla postazione, alla sinistra della donna, una stampante braille e una risma di carta. Di fronte a lei una testa di materiale plastico totalmente nera e priva di alcun carattere fisiognomico. Le sedute per il pubblico sono invece poche, sulla ventina, e sono disposte su due file, una alle spalle della presenza in scena e l’altra di fronte. A dare inizio alla performance è una voce registrata che descrive l’ambiente e invita i presenti a indossare le cuffie, posizionate sui braccioli delle sedie. La performer afferra una cassetta, la infila nel registratore e, richiuso lo sportellino, pigia sul tasto play. Le luci calano mentre il nastro della prima delle cinque audiocassette inizia a scorrere tra gli ingranaggi del lettore, rivelando il suo contenuto. Le registrazioni rivelano numerosi ricordi, evocazioni, riflessioni e sensazioni legate a luoghi passati o soltanto immaginati. Un diario sonoro con cui lo spettatore entra in contatto chiudendo gli occhi: la vista cede il passo all’ascolto. Sarà l’azionarsi della stampante braille che porterà lo spettatore a riaprire gli occhi per capire cosa stia succedendo. La performer si alza e, dopo aver raccolto il foglio fuoriuscito dalla stampante, si risiede e lentamente inizia a sfiorare con l’indice il testo. Parola dopo parola, legge una citazione tratta da L’immagine fantasma di Guilbert.
Ciò che perviene dalle cuffie, man mano si rivela nella sua stratificazione. I suoni che prima erano stati prodotti dalla performer che agiva nell’ambiente adesso vengono riprodotti asincronicamente. Le diverse registrazioni immergono lo spettatore, stimolando interiormente i suoi sensi. Le mie parole vedranno per me, grazie alla registrazione binaurale, costruisce una narrazione sonora e spaziale che suscita numerose riflessioni nei partecipanti. Ognuno è portato a farsi delle domande sulla cecità, su cosa significhi e come sia viverla. Giornalmente assorbiamo una moltitudine di percezioni all’interno di noi stessi e forse sarebbe il momento adatto per affinare la nostra percezione.
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Le mie parole vedranno per me -Regia: Marco Corsucci – Dramaturg: Andrea Dante Benazzo – Con Marco Bongi – Con le voci di: Fabio Bizzotto, Marco Bongi, Angelita Cipriani, Dajana Gioffré, Eugenio Mattiazzi, Simona Tesio, Alessandra Zerbinati – Suono: Dario Felli e Federico Mezzana – Luci: Alessio Pascale – Datore luci: Alessia Massai – Fonico: Francesco Dina – Direttrice di scena: Yasmin Pochat – Disegno 3D: Andrea Belli – Stampa 3D: service PolyD – ProduzioneTPE Teatro Piemonte Europa, In collaborazione con Intesa Sanpaolo / Area X e con Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, sezione territoriale di Torino e A.P.R.I. Onlus e con la partecipazione al progetto di Raffaella Albertengo, Walter Boffa, Omar Echbarbi, Pericle Farris, Sara Frigerio, Vanda Mencaglia, Stefano Mercurio, Paolo Peroglio, Valter Primo, Ambrogio Riili – Area X dal 15 febbraio al 17 marzo 2024