Il meglio del teatro danza contemporaneo all’Argentina
Oltre la scena opaca, la sagoma sempre più nitida di un’imbarcazione; assediata dal ghiaccio e in balia delle onde, invano arranca tentando disperata di rompere il il gelo che la attornia.
Un’angoscia tanto epidermica quanto affidata al surreale accompagna l’apertura di S 62° 58′, O 60° 39′, spettacolo di teatro danza della compagnia belga Peeping Tom in scena al Teatro Argentina di Roma dal 23 al 25 gennaio per la regia di Franck Chartier.
Un pezzo di terra sperduto nell’Antartide diviene punto di ingorgo per la solitudine, l’innesto per la contemplazione desolata di un gruppo di esistenze: così come perdute appaiono le coordinate spaziali, invischiato è il tempo che estraneo e glaciale incide la geografia della coscienza.
La scena è sincrono, le premesse della deflagrazione
Tutto accade insieme, sfiorando l’interferenza; il rimpianto di un padre votato all’arte e così simulacro assente per l’unico figlio, il compianto di una madre straziata dalla perdita del suo bambino scivolato nei flutti ingordi delle onde, e poi ancora la tempesta che invade e raschia la psiche, e la barca che oscilla ormai incapace di controllare le violente traiettorie dello spazio. Poi una trasmutazione, al dinamismo iterato della scena subentra lo spasmo, e ormai invaso dalla scena anche l’occhio subisce il contraccolpo: Taglia! Stop! Coupez! – non siamo più certi di nulla, dove realmente accade la rappresentazione?
Un secondo piano si sovrappone al primo, la realtà deraglia la finzione, l’attore se ne va esasperato, il regista ha perduto le sue idee, l’attrice è indignata: tutto è plastica! La mia mente è di plastica , anche la mia pancia è di plastica!
Perchè Franck? : dall’esplosione alla meta-scena
La crisi dell’artista come crisi dell’individualità; questo suggerisce l’esasperato grido d’aiuto di Romeu (Romeu Runa) che schiacciato dal suo ruolo, dal peso psichico della scena, lacera la quarta parete. Col tono disperato di una preghiera invoca la divinità registica, esausto cerca risposte sul vuoto della rappresentazione. Poi nel rimbombo, Franck risponde ma la sua voce si tinge di rassegnazione, non ha risposte alla vacuità: non lo so, non ho più idee.
La performance non abita più la scena ma entra nella nostra psiche ormai condannata, ormai in tempesta; il personaggio straccia i panni dell’attore e cerca disperato la persona dietro alla maschera.
Snodo cruciale per la comprensione dell’opera, la sovrapposizione di piani si declina nella coincidenza inalienabile tra il dolore dell’attore e quello dell’uomo; tra la solitudine del nubifragio e quella che attanaglia la realtà, una realtà che con l’infingimento condivide le coordinate.
Orchestrati dalla forza sotterranea della rappresentazione, siamo ora esposti, allucinati, e ci predisponiamo ad accogliere l’interiorità dei personaggi, di Marie (Marie Gyselbrecht) – forse anche lei come il suo personaggio vuole divenire donna tridimensionale?– di Liu (Yi-Chun Liu), incapace di abbandonarsi all’amore che supera la morte, al doloroso delirio di Sam (Sam Louwyck).
Perchè Frank?– siamo trascinati nell’arteria della sofferenza e non abbiamo risposte.
Non è delocalizzazione ma coesistenza di luoghi
Consapevoli della realtà dietro la scena, non crediamo più alla finzione, ma siamo proiettati pericolosamente nell’allucinazione del reale. Quel reale dove spesso il meccanismo non funziona, dove l’amore assume i tratti della violenza, la ricerca del sé sfocia nella solitudine, dove il contatto con l’altro- con l’altro che è fuori e con quello che urla dentro di noi- è spesso innesto tribolazione.
Indotti a credere che tutto si sia concluso, siamo dirottati dal feroce intervento di Romeu che scardina la scena, si precipita in platea e, ci consegna il segreto tormento che attraversa il rapporto tra lui e il mostro che lo abita. Il passaggio tra lui e il mostro è repentino, liquido al punto da non afferrarne lo stacco; eppure la nudità esposta del suo corpo ora sofferente ora invaso dallo spasmo concede ai nostri occhi una fenomenologia della sofferenza tanto viva da essere in grado di risucchiarci. Siamo chiamati in causa, avvertiamo ora anche i nostri mostri, non è possibile tornare indietro.
S 62° 58′, O 60° 39′ – uno spettacolo di Peeping Tom – ideazione e regia: Franck Chartier – coreografia: Yi-Chun Liu, Peeping Tom – creazione e interpretazione: Marie Gyselbrecht, Chey Jurado, Lauren Langlois/Yi-Chun Liu, Sam Louwyck, Romeu Runa, Dirk Boelens, con l’aiuto di Eurudike De Beul – Teatro Argentina dal 23 al 25 gennaio 2024