Jazz tra concerto e registrazione

Giovedì 4 maggio presso il Teatro dell’Istituto San Giuseppe Calasanzio a Roma si è tenuto un concerto Jazz eseguito da Massimo Moriconi al basso ed Ettore Carucci al piano.

Il concerto jazz di Massimo Moriconi ed Ettore Carucci a cui abbiamo assistito non è stato solo un concerto: una vera e propria lezione di musica – o forse no? Lo vedremo più avanti –grazie alle spiegazioni del Maestro Morriconi che hanno accompagnato i vari standard, ma non solo!

A questo dobbiamo aggiungere l’evento eccezionale intorno all’esecuzione dei brani. Dei piccoli ma precisissimi microfoni convogliavano il suono degli strumenti in dei cavi che correvano in direzione di un’autentica cabina di registrazione.

Il gruppo di audiofili in cabina di registrazione

Dietro al vetro, degli audiofili provetti si passavano una grande cuffia per controllare in ogni momento la perfetta qualità della registrazione. Infatti, come era scritto nella locandina dell’evento «il concerto è stato registrato in analogico su nastro in DSD nativo a 5.6 MHZ e in PCM a 768 KHZ. Le apparecchiature verranno collegate con i cavi top di gamma della Kimber Kable».

La locandina del concerto

Cosa significhino esattamente queste specifiche tecniche, sinceramente, non lo sappiamo: sono dati comprensibili solo agli iniziati al suono più puro e limpido, ma in ogni caso debbono significare gran cosa. Mentre Massimo Moriconi ed Ettore Carucci eseguivano gli standard più sublimi come Caravan e A Night In Tunisia di Duke Ellington, potevamo vedere dal vetro a destra del palco la gioia dei tecnici di imprimere quel suono sul supporto.

Il nastro girava veloce e felice nella macchina, come i bambini sui cavallini delle giostre. E questa gioia del suono sarà nata anche dalla consapevolezza di essere impresso in analogico piuttosto che in digitale.

A fine concerto abbiamo avuto modo di fare una chiacchierata con i due interpreti e poter discutere in merito al Jazz sinfonico e a quei tentativi di nobilitazione del jazz e di contaminazione con la musica classica.

Moriconi giustamente ha sottolineato come i grandi del jazz abbiano sempre vissuto il proprio tempo: parlando di “musica democratica”, dove «non c’è il filo spinato con il recinto per chi non la pensa come te, io credo che una divisione non deve nascere dagli stili ma dal livello, che con la difficoltà, ne determinano la bellezza».

Moriconi non si ritiene Jazzista perché la musica gli piace tutta, gli piace suonare tutto. Le spiegazioni del concerto – ha voluto precisare l’artista – non sono da ritenersi una lezione, ma piuttosto una spiegazione «ci sono molte persone che sono a digiuno di musica e quindi, con queste spiegazioni, mi impegno a metterle in contatto con il mondo che amo: io amo questa musica e ho cercato, insieme a Ettore Carucci, di spiegare come funziona per far capire le cose. Sono felice quando, dopo un concerto, vedo che al pubblico piace aver sentito questa musica». Dunque non una lezione, ma una guida all’ascolto.

Moriconi concorda sul fatto che il jazz non ha, e non può avere per sua natura, un’etichetta unica (un carattere stilistico) in cui solo si può identificare. Andrebbe contro il suo carattere peculiare di sperimentazione e improvvisazione, e contro la sua natura e la sua vocazione: confrontarsi incessantemente con la musica del suo tempo.

CONCERTO JAZZTeatro dell’istituto Calazanzio 4 maggio 2023

Ettore Carucci (piano); Massimo Moriconi (basso).

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Davide Tovani

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