L’abbiamo vista recentemente e ormai da quattro anni di fila, nello spettacolo teatrale “Lo zoo di vetro”, pièce che continua a riscuotere grande successo in ogni data, in scena dal 22 al 27 febbraio 2022 al Teatro Vascello di Roma. Lei è Amanda, vedova del consorte Wingfield, una madre irrequieta e sempre sulle spine, in quanto non riesce a intercettare come vorrebbe i desideri dei figli. Mariangela Granelli è l’attrice che la interpreta nel modo più veritiero che c’è, ascoltando i trepidanti stato d’animo del suo personaggio che si cela sotto il volto di un pagliaccio.
Nello spettacolo “Lo zoo di vetro” i protagonisti, che sono umani, si nascondono nelle sembianze di clown, da dove nasce questa scelta registica?
E’ molto profonda, è stata partorita dal regista Leonardo Lidi che ha fatto anche l’adattamento al testo. I personaggi mascherano dietro a una maschera una grande sofferenza di vita. Stiamo parlando di una famiglia in cui Tom e Laura sono stati abbandonati dal padre, Amanda, ruolo che interpreto io, dal marito, trovandosi a dover gestire tutto da sola in una situazione pesante e difficile avendo una figlia che ha una menomazione. La maschera del clown è una maschera tragica, nella sua immediatezza rimanda subito a un senso di profondo tragico mettendoci del trucco sulla faccia e i nasi finti per fingere uno splendore di vita che in realtà maschera tutt’altro.
Il vetro quando si rompe non si può più ricostruire e tornare come prima, vale lo stesso per i rapporti all’interno della famiglia Wingfield?
Assolutamente sì, io per esempio dico a mia figlia “vai via di qua e non tronare mai più”, non vorrei svelare troppo ma anche Jim, dopo quello che accade con Laura, raccatta il suo cartone e viene mandato via di casa per sempre. Nel nostro allestimento è abbastanza chiaro che ci sono rimandi alla figura del padre, il personaggio interpretato dallo stesso attore. I rapporti all’interno dello zoo non si possono ricostruire, come il vetro.
Che esperienza è stata lavorare con gli altri membri della compagnia, visto che non è la prima volta che salite sul palco insieme
E’ stato molto bello e piacevole, io credo che ogni spettacolo teatrale richieda anche una grande fiducia reciproca tra i partecipanti perché si condivide qualcosa di profondo e quindi è necessaria una fiducia tra gli attori ma prima di tutto tra gli esseri umani. Questo sicuramente è stato agevolato dal fatto che abbiamo già condiviso la scena molte volte insieme.
Cosa hai imparato da Amanda, il tuo ruolo che ti ha fatto vincere il Premio della Critica Teatrale 2020 dell’Associazione Nazionale dei Critici di Teatro?
Son tante le cose che ogni personaggio ti lascia e le capisci bene con la distanza, io ho capito cosa mi ha lasciato un personaggio dopo tempo che non lo recitavo più. Adesso sono molto immersa in questo mondo, dentro la sua mentalità e ancora non mi sento di parlare al passato, Amanda la sto vivendo tutt’ora, però posso dire sicuramente la sua grande forza, la sua caparbia, lei non molla, e il suo grande amore. Ecco forse mi ha fatto capire qualcosa di più sulla complessità dell’amore, che quando si ama davvero bisogna anche essere capaci di lasciare andare. In realtà è il contrario, Amanda nell’impatto in cui la viviamo noi spettatori, mi metto dalla parte dello spettatore, non sa lasciare andare. E quindi quello che mi porterò via da Amanda è questa lezione: bisogna essere in grado di lasciare andare, se non lasci andare tutto si distrugge! Anche la loro casa si distrugge…
Che cos’è che invece cerchi di trasmettere ai tuoi allievi della “Proxima Res”, la scuola di teatro di cui sei docente?
Io cerco di trasmettere un modo puro di stare in scena senza finzioni, senza inganno, che è una parola che viene usata anche da me nello spettacolo ma in un altro senso. Prima di tutto sul palcoscenico ci sono dei personaggi che sono delle persone, noi dobbiamo restituirgli la loro dignità di esseri umani, l’umanità. Secondo me è un doppio salto mortale perché li mettiamo in scena con delle maschere ma è proprio questa la bellezza, restituire la persona.