Il fantasy, un genere prettamente cinematografico, approda a teatro con uno spettacolo inedito e accattivante. Alessio Chiodini racconta a Quarta Parete il suo approccio a questo nuovo genere.
Quando si pensa al genere fantasy, l’immaginario collettivo si proietta subito ai grandi spettacoli del cinema come: “Avatar”, i vari film della Marvel, al capolavoro di Tim Burton“Edward mani di forbice”, ma se si dovesse trovare la definizione di fantasy nel panorama teatrale, mancherebbe. Nel 2017 c’è il cambio di passo, perché nelle sale è stato presentato “Lovecraft Tales”, spettacolo ispirato ad alcuni racconti dello scrittore americano Howard Phillips Lovecraft, considerato il precursore del genere letterario “fantasy”. Alla regista Mary Ferrara, figlia della compagnia teatrale romana TeatroSenzaTempo, va attribuita non solo l’audacia di portare un genere prettamente cinematografico a teatro ma anche la capacità di dirigere talentuosi attori in questo nuovo esperimento all’avanguardia.
Unire, attraverso il filo conduttore di un soggetto, drammaturgia e narrativa, consentendo agli adulti di ripercorrere le paure da bambini, trasformando i mostri in divinità: questa è stata la missione della regista, un’operazione certo non semplice ma che ha portato il pubblico, anche non amante del genere, a sintonizzarsi.
Il grande successo che questa rappresentazione fantasy ha avuto ha portato la pièce a essere inserita in un elenco di spettacoli che andranno in streaming sulla piattaforma IndieCinema, relativamente all’iniziativa di Isabella Russinova, il Movie Teathre, volta a portare il teatro a casa delle persone; un modo per non fermare il teatro in questo momentaneo periodo di chiusura.
In “Lovecraft Tales”, le storie dei due protagonisti si legano ad alcuni dei racconti frutto del genio dell’orrore, conditi con quel pizzico di poesia romantica che lo contraddistingue. Alexander inciampa nel diario di Alice. Lui ha necessità di tenere con sé quel diario per poter viaggiare nella fantasia della ragazza cercando, e poi trovando, l’origine del suo stato d’animo. Questo percorso a ritroso lo condurrà verso le tragiche risposte alle tante domande sul suo vissuto. La protagonista femminile è Alice Lee, interpretata dalla bravissima Michela Malavisi, mentre a vestire i panni di Alexander è Alessio Chiodini, attore brillante e versatile che si racconta a Quarta Parete in una breve intervista.
Alessio, sei un attore molto amato. Passi da “Un posto al sole”, soap opera amatissima dagli italiani, al grande schermo, lavorando con icone artistiche come Christian De Sica e Vincenzo Salemme. A teatro interpreti ruoli variegati e storici come Luca Cupiello in “Natale in casa Cupiello”. Quale è stato il tuo approccio verso questo nuovo e originale progetto fantasy?
Sicuramente è stato un approccio di entusiasmo creativo, nel senso che per la prima volta mi avvicinavo a questo genere. Siamo partiti praticamente da zero con l’autrice e regista Mary Ferrara, prendendo come riferimento alcune opere di Lovecraft da inserire all’interno di una storia che però andava costruita. In questo senso il mio personaggio è diventato emblematico, perché tutto ruota attorno alle vicende di Alexander, questo esploratore che si imbatte, in un castello, nell’altro personaggio, cioè Elis, e perde completamente coscienza di sé.
Quindi entra in un loop, in una sorta di oblio, perde la memoria e nella sofferta e continua ricerca di sé stesso passa da livelli di drammaticità a livelli di comicità. In alcuni momenti sembra anche un cartone animato, se vogliamo. Oltretutto l’unico appiglio che ha è questo diario che lui trova nel del castello, diario al cui interno si trovano alcuni frammenti delle opere di Lovecraft e attraverso il quale lui cerca di ricordare, perché sembrano racconti di avventure che ha vissuto lui in prima persona.
C’è stato anche da fare un lavoro sul reading, parte importante dello spettacolo. Questa è una rappresentazione che si svolge perlopiù all’interno di spazi molto piccoli, con il pubblico molto vicino. Il respiro del pubblico per l’attore, in questo genere di spettacolo, è fondamentale, perché quasi detta i ritmi della messa in scena.
E poi, ripeto, c’è stato da fare anche un grande lavoro fisico ed emotivo perché i livelli che attraversa questo nuovo vampiro, Alexander, sono tantissimi.
In questo lockdown, i più volte demonizzati social network sono stati fondamentali anche per il teatro, attraverso la proposta degli spettacoli in streaming. Scarteresti la possibilità di fondere i due linguaggi?
Parto da una premessa: a mio modo di vedere, lo spettacolo dal vivo in quanto tale necessita della presenza del pubblico in sala. Quello che arriva attraverso uno schermo è, secondo me, il trenta, quaranta per cento del valore effettivo di uno spettacolo. Questo perché il linguaggio che viene utilizzato, la modalità di recitare, la messa in scena vera e propria è vincolata dalla presenza del pubblico che è una parte integrante. Quello che ti arriva quando vedi uno spettacolo “in differita” non è la stessa cosa.
Mi è capitato molte volte di rivedere spettacoli, in tv o sul computer, perché magari dovevamo riprendere delle messe in scena o semplicemente per andare a controllare degli errori e migliorare: ti accorgi che non si giunge mai mai al livello al quale puoi assaporare l’intensità e l’emotività che c’è quando quello spettacolo lo vedi dal vivo. Detto questo, per il momento che stiamo affrontando, come settore, quindi per la difficoltà, la drammaticità che c’è in questo periodo per il teatro, qualsiasi tipo di aiuto o di finestra che possa dare ossigeno è ben accetta. Se non altro per riaccendere quella curiosità, quel tenere viva la voglia che ha il pubblico di tornare a sedersi in platea. Perché no, offrire anche un’utenza diversa e maggiore a progetti che magari nascono in piccole realtà, come ad esempio questo spettacolo che abbiamo messo in scena e che sta andando in streaming sulla piattaforma IndieCinema che nasce in piccoli teatri, ma che, attraverso lo streaming, può arrivare a molti più occhi.
A teatro hai sperimentato personalmente un momento di arresto lavorativo. Come lo hai vissuto?
È stato sicuramente uno dei momenti più difficili della mia vita, nessuno di noi si sarebbe mai immaginato che sarebbe arrivato il giorno in cui avrebbero chiuso tuti i teatri e ci avrebbero impedito di poter fare il nostro lavoro. Neanche negli incubi più brutti. Oltretutto quando hanno chiuso i teatri, a marzo, quando è iniziata la pandemia, stava per andare in scena uno degli spettacoli a cui sono più legato e che stavamo preparando da diversi mesi, e cioè: “L’acqua e la farina”. Uno spettacolo dedicato alla famiglia Fabrizi che non abbiamo potuto rimettere in scena. Quindi la speranza è che questo periodo passi al più presto.
Nel frattempo si è cercato di fare quello che si poteva: per quanto mi riguarda, ho iniziato presto a rifare del doppiaggio. Poi c’è stato un breve momento in cui i teatri sono stati riaperti e ho avuto la fortuna di ritornare in scena con lo spettacolo che stiamo portando da tre anni in tournee, dedicato ad Alda Merini, e cioè: “Dio arriverà all’alba”. Si stava un po’ riprendendo la macchina, ma purtroppo poi, di nuovo, hanno dovuto richiudere tutto e stiamo nuovamente in stand by.
Poco prima di Natale sono andato in scena con la compagnia “TeatroDaFavola” in uno spettacolo di Natale inedito e fatto in diretta streaming. Quindi sono tornato sul palcoscenico, purtroppo però mancava l’elemento essenziale, cioè il pubblico.
Ci auguriamo che il nuovo anno, il 2021, sia un anno “normale”, di rinascita, il “Rinascimento del XX secolo”. Quali progetti futuri hai?
Innanzitutto ci sono una serie di date rimaste in sospeso della tournee di “Dio arriverà all’alba”, lo spettacolo dedicato ad Alda Merini. Spero che potremo mettere in scena e far debuttare finalmente “L’acqua e la farina”. Tornerò poi a fare doppiaggio al leggio. Riprenderò anche dei corsi che tengo nelle scuole in cui insegno qui a Roma, un’altra cosa che mi è mancata tantissimo, perché anche lì ci sono state delle limitazioni e alcuni corsi sono stati sospesi, altri svolti via streaming e, ripeto, non è la stessa cosa. Spero anche di tornare sul set, stiamo lavorando anche per questo. Fortunatamente ad Agosto ho avuto modo di girare un cortometraggio a cui sono molto legato in cui interpretavo un “Leopardi moderno” e che adesso sta girando per vari Festival e insomma… speriamo che il 2021 sia un anno all’insegna della normalità e che ci buttiamo tutti alle spalle questo anno appena passato, tremendo.