Gli ottimi maneggi di Solenghi e Pozzi

L’opera di Gilberto Govi riproposta in una versione che non delude le attese

Ma sarà davvero uguale?” è la domanda fondamentale che serpeggia con eccitazione per la sala in trepidazione. Il pubblico sà che sul palco del Teatro Chiabrera salirà di lì a poco Tullio Solenghi, qui attore e regista, ma l’attenzione è tutta rivolta alla presenza aleggiante di Gilberto Govi. Dopotutto, sta per andare in scena I maneggi per maritare una figlia e la cosa non si prende come uno scherzo. Almeno non in Liguria, dove Govi è Mito venerabile e questa commedia è incastonata scintillante nell’eredità culturale regionale. E ben risaputa è la buona fama di questa nuova messinscena ma si diventa un po’ tutti San Tommaso: se non si vede, non si crede.

Tullio Solenghi e Elisabetta Pozzi

Lo sveliamo subito: uguale alla versione che potremmo definire leggendaria non è e sarebbe stato impossibile; si tratta, invece, di una bella riproposizione ben studiata e non di una copia carbone malamente ricalcata. La somiglianza, però, gioca un ruolo fondamentale: le scene, i vestiti, gli arredamenti, e anche la fisionomia di Solenghi rimandano alla versione televisiva registrata nel 1959 che è impressa nella memoria indelebilmente e che può funzionare da paragone ideale troppo vincolante.

In questa versione, l’ensemble composto da Stefania Pepe, Laura Repetto, Isabella Loi, Federico Pasquali, Riccardo Livermore, Roberto Alinghieri, Aleph Viola non sente nessuna pressione e tutto funziona a perfezione, offrendo un ottimo supporto ai due attori di punta. Solenghi veste quindi i panni di Steva (Stefano in dialetto), un sensale di spezie avanti con gli anni, ed Elisabetta Pozzi diventa Giggia, la moglie che lo tiranneggia nelle vita coniugale. La loro declinazione di questi personaggi-maschere è vibrante e i cambiamenti apportati sono ottimali.

Solenghi rende uno Steva pacato e alquanto rassegnato a subire la presenza ingombrante della consorte rimanendo sempre pronto ad usare la lingua per far valere, per quanto gli viene concesso, la sua posizione. La Pozzi rende esattamente l’idea di chi sia la Signora Giggia: lo stereotipo della megera borghese che presta orecchio ai pettegolezzi, che non ha timore di sporcarsi le mani con gli intrighi per trovare alla figlia il partito più conveniente e che è subdolamente abile a schiacciare il marito e ad addossargli le colpe degli errori da lei commessi.

Le scene che hanno reso iconica questa pièce rimangono di forte impatto comico anche se, ovviamente, qualche cosa è stata necessariamente modificata, eppure sembra quasi di rivedere precisamente quanto veniva recitato da Govi stesso e dalla sua compagnia. Le risate non smettono mai di susseguirsi una dopo l’altra, senza sosta. All’attore viene dedicato un omaggio in chiusura, con l’inserimento di una scena ex-novo: la comparsa improvvisa di un regalo spedito da uno zio d’America residente a Buenos Aires, una radio nuova. All’accensione della stessa, le luci si affievoliscono ed è proprio la voce del Barba Gildo (Zio Gildo in ligure, ovvero un soprannome con cui era conosciuto Govi) a recitare la famosa canzone dialettale Ma se ghe penso, emblema del legame degli emigrati genovesi nel mondo con la loro città natale.

Elisabetta Pozzi e Tullio Solenghi

Uno spettacolo che ben rappresenta in tutto e per tutto un condensato di liguritudine con i suoi elementi caratteristici di ruvidezza e ironia, i suoi rimandi e le prese in giro sulle rappresentazioni tipiche del ligure tirchio e materialista e, soprattutto, con la parlata cadenzata alla genovese che fa crescere una certa malinconia. Potrebbe rischiare di risultare un lavoro campanilistico destinato quasi esclusivamente al pubblico ligure. Come svela però Solenghi dopo gli applausi e tra i “belin” generali, anche in Svizzera gli spettatori hanno riso con le vicende del povero Steva, travalicando quel limite di provincialità che spesso si attribuisce ai lavori di Gilberto Govi.

Lo spettacolo sarà in scena fino al 28 marzo al Teatro Chiabrera di Savona e dal 2 al 14 aprile al Teatro Quirino di Roma.

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I maneggi per maritare una figlia – di Niccolò Bacigalupo – con Tullio Solenghi ed Elisabetta Pozzi – altri interpreti: Stefania Pepe, Laura Repetto, Isabella Loi, Federico Pasquali, Riccardo Livermore, Roberto Alinghieri, Aleph Viola – scene e costumi: Davide Livermore – trucco e parrucco: Bruna Calvaresi – regista assistente: Roberto Alinghieri – scenografa e costumista assistente: Anna Varaldo – produzione: Teatro Sociale Camogli, Teatro Nazionale Genova, Centro teatrale Bresciano – Teatro Chiabrera di Savona 26/28 marzo 2024

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