Bones and all: un viaggio alla ricerca delle proprie origini

Presentato in anteprima mondiale il 2 settembre 2022 alla 79 Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia , Bones and All è l’ultima opera del regista Luca Guadagnino che ancora una volta si serve del viso angelico di Timothée Chalamet per adattare sul grande schermo una controversa storia d’amore. La pellicola è ispirata all’omonimo romanzo horror della scrittrice Camille De Angelis.

Nell’America di Ronald Reagan, Maren (Taylor Russell) si sposta di città in città con suo padre Frank (André Holland), tentando di nascondere la sua natura cannibale. Dopo l’ennesimo episodio di antropofagia, Frank decide di abbandonare sua figlia ma non prima di averle lasciato un certificato di nascita che le permetta di rintracciare la madre che l’ha abbandonata quando era ancora in fasce. Maren inizia così un viaggio alla ricerca di sua madre, in cui incontra diversi strani personaggi: Sully (Mark Rylance), un cannibale che le insegna come riconoscere gli altri “eaters” come lei; Jake (Michael Stuhlbarg), un altro eater che viaggia insieme a Brad (David Gordon Green), uno dei “normali” convertito a cannibale per amore; ed infine Lee (Timothée Chalamet), un ragazzo cannibale che si offrirà di accompagnare Maren nel suo viaggio.

Al centro di tutto c’è il viaggio. Maren si sposta continuamente, su e giù per l’America, ogni volta con persone diverse. Ma che si tratti del padre, di Sully o di Lee, alla fine si ritrova sempre a scappare. Il padre la vede ancora come una bambina, ma è anche spaventato dalla sua natura e così finisce per tenerla in gabbia. Sully si innamora di lei (che sia vero amore o un prodotto della sua prolungata solitudine non ci è dato sapere) e per questo vuole averla per sé, lontano dal resto del mondo. Lee diventa il primo legame solido di Maren: è una persona che condivide la sua natura, le difficoltà che essa comporta e diventa dunque un’ancora di salvezza quando il suo mondo le crolla addosso.

Il viaggio che i due ragazzi intraprendono, oltre a scandire il ritmo del film, è una metafora nemmeno troppo velata: come già aveva fatto in Call me by your name Guadagnino trasforma l’avventura amorosa in un viaggio di formazione che porta il protagonista alla scoperta di sé e della sua diversità. Ma se Elio aveva una famiglia alle spalle pronta a sostenerlo, Maren è sola e abbandonata a se stessa. Per questo la ricerca di sua madre diventa fondamentale per strutturare la sua identità. Nel corso del film si scopre infatti che il cannibalismo è genetico, una malattia ereditata da un genitore che finisce per ridurre in mostro chiunque ne sia affetto.

Il padre di Lee e la madre di Maren sono figure evanescenti nel film: delineate appena nei discorsi dei protagonisti o visibili al centro di poche inquadrature, hanno tratti mostruosi e portano con sé il peso di aver irrimediabilmente condannato i propri figli ad essere nemici e reietti della società. La natura antropofaga dei protagonisti porta al centro del film il tema della diversità, come ha notato gran parte della critica nostrana, ma può anche essere vista come simbologia di un trauma infantile che i protagonisti porteranno per sempre con sé. Lee combatte il padre alcolizzato e violento quando è ancora appena adolescente e Maren viene abbandonata in fasce; per ogni genitore presente e che tenta in tutti i modi (fallendo) di domare la loro natura, ce ne è sempre un altro responsabile del problema che fugge via.

Bones and all non parla di amore, o almeno non di quello più stereotipato e banale. Si tratta di un amore sotterraneo, nato dal desiderio di trovare se stessi e nel frattempo riconoscersi e consolarsi con qualcuno che ci assomigli. Lee e Maren non si completano a vicenda, sono due anime in pena che cercano ognuno la loro personale pace. Sono amici, compagni di viaggio, amanti disperati alla ricerca di qualcosa che non sanno ancora definire. Guadagnino riesce di nuovo a stupire con una delicatezza che lascia emergere i suoi protagonisti dalla carta, senza troppi fronzoli. Non basta il sangue vivo e la voracità dei denti nella carne a far dimenticare che si tratta pur sempre di una storia adolescenziale, nata per narrare la diversità, il trauma, la solitudine. Le lunghe inquadrature sulla strada accompagnate dalle musiche di Trent Reznor e Atticus Ross creano l’atmosfera per imbarcarsi insieme ai protagonisti in un viaggio lungo, doloroso, capace di divorare l’anima.

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