Cambiare il mondo a colpi di cinema

Venerdì 27 novembre l’attore e regista Ethan Hawke ha tenuto la consueta masterclass offerta dal Lucca Film Festival nel complesso di S. Francesco.

Sempre raggiante e capace di comunicare la sua gratitudine per una vita che gli ha dato e continua a dare la possibilità di avere un impatto nel mondo attraverso i suoi lavori, Ethan Hawke ha risposto insieme alla moglie Ryan a una serie di domande che ci hanno permesso di ripercorrere alcune tappe della sua lunga carriera e capire quale sia per lui il ruolo del cinema nel nostro mondo. Tanti gli argomenti trattati, dalle riflessioni sui lavori da attore allo stato del cinema indipendente, di cui proponiamo un resoconto.

Foto di Laura Casotti

Parlando della sua lunga carriera, di cui afferma che “la parte miglior del viaggio inizia oggi a Lucca”, sottolineando l’ottimismo con cui vede il futuro della sua carriera, ricorda come L’attimo fuggente (Dead Poets Society, 1989) ebbe la sua premiere a Venezia e che si trattava della prima volta che l’attore partecipava a un film festival, il genere di esperienza che non si vorrebbe finisse mai. Ciò che lo colpisce è vedere come i valori di quel film significano ancora qualcosa per le persone oggi. Parte del lavoro di attori, registi, produttori è iniziare una conversazione interessante su argomenti che contano e cercare di portarla avanti affinché le cose cambino. E Hawke ha notato come le cose siano cambiate per esempio nelle scuole e nelle università dai tempi in cui le frequentava. Ryan aggiunge che uno degli argomenti verso cui nutre un particolare interesse è l’ambiente, dove dice che le cose stanno cambiando ma c’è ancora molto da fare ed è quindi necessario tenere questa conversazione accesa.

La donna voleva infatti inizialmente impegnarsi nel no-profit, ma il marito l’ha convinta che potevano cambiare il mondo insieme facendo film e per questa ragione hanno creato la loro casa di produzione. Tramite i film che realizzano desiderano connettersi col mondo facendo qualcosa che li renda orgogliosi, che significa realizzare film senza farsi travolgere dalla marea che spinge a realizzare un certo tipo di film standardizzati e dettati dalle logiche dell’industria. Il cinema indipendente, sostengono i due, è dove si può agire più liberamente e il risultato sono film migliori per lo spettatore. Non sono necessariamente fatti per pochi, ma servono per dare un apporto più nutriente al cinema e col tempo possono diventare apprezzati da un più largo pubblico. Ethan e Ryan si concentrano dunque su film a cui veramente tengono e che probabilmente nessun altro farebbe.

Impossibile non parlare di uno dei lavori più noti e più apprezzati cui Hawke abbia preso parte nella sua carriera, la cosiddetta “Trilogia Before” (Before Sunrise, 1995, Before Sunset, 2004, Before Midnight, 2013) diretta da Richard Linklater, di cui crede che il successo derivi dal fatto che il regista abbia approcciato i film e la cinepresa come uno scienziato, con uno sguardo neutro che non presenta gli eventi attraverso un’ottica maschile o femminile. Entrambi i punti di vista sono piuttosto presenti al suo interno. Per questa ragione ha invitato gli interpreti protagonisti Hawke e Julie Delpy a partecipare alla scrittura del secondo e del terzo capitolo.

L’attore rivela come per questi film, nonostante diano un’impressione di improvvisazione, le scene fossero provate e riprovate, forse come non gli è mai più successo nella sua carriera. La ragione risiede nel fatto che dovendo girare lunghe scene di dialogo senza stacchi, Linklater voleva essere preparato a qualunque cosa succedesse durante le riprese.

Alla domanda su quale sia il suo preferito dei tre film, Ethan risponde che in molti sensi è il terzo, perché dopo i primi due, pieni di romanticismo e idealismo, il regista e gli attori si sentivano responsabilizzati nel dover mostrare anche i problemi e le difficoltà della vita di tutti i giorni.

Parlando del suo ultimo lavoro, Wildcat (2023), proiettato al festival la sera prima in anteprima nazionale, Hawke chiarisce cosa l’abbia convinto a girare questo film che, sostiene, presenta la creatività umana come atto di fede. L’uomo si è trovato a compiere cinquant’anni, spiega, durante la pandemia, cadendo in una piccola crisi, poiché quando era giovane si poneva molte domande esistenziali a cui cercava risposta nella religione, ma una volta decollata la sua carriera si trovò impegnato con molte altre cose, e queste domande erano rimaste senza risposta.

In seguito ha capito che attraverso la recitazione vi aveva già dato risposta e che quando la religione e l’arte si legano ed agiscono all’unisono si ottiene il massimo risultato. Ha così pensato che attraverso la storia di Flannery O’Connor potesse aiutare le persone a trovare le proprie risposte.

Alla domanda su quali siano invece due dei suoi film meno noti che per lui hanno un significato speciale la scelta ricade su Tape (2001), perché lavorando per la quarta volt con Linklater ha imparato tantissimo sulla recitazione, dandogli grande fiducia e preparandolo a recitare con Denzel Washington nel successivo Training Day (2001); mentre il documentario Seymour: An Introduction (2014) è stato il primo film prodotto con sua moglie e la prima volta che si è sentito davvero un filmmaker.

Foto di Laura Casotti

In chiusura Hawke dichiara che Marcello Mastroianni è il suo personaggio del cinema italiano preferito, dvenuto per lui un’icona di mascolinità in seguito alla visione da giovane del film Oci Ciornie (1987).

Lucca Film Festival 2024

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